1. Primi turbamenti: Giovanni mi porta a pomiciare nel bosco


    Data: 04/10/2022, Categorie: Trans Tue Racconti Autore: Evablu, Fonte: RaccontiErotici-Club

    Ma che mi stava succedendo? Nel giro di pochissimo tempo mi stavo lasciando andare senza più frenarmi, sentivo crescere prepotente una cotta che si era trasformata in desiderio sessuale, anche di sottomissione nei confronti di Giovanni, che non nascondeva più - nemmeno a se stesso - la voglia di mettermi sotto di lui. In tutti i sensi. Ripensai a lungo a quei momenti in cui per un niente non lo avevo fatto venire, le nostre prime effusioni e quei turbamenti anomali mi eccitavano, mi inducevano a segarmi a ripetizione pensando a lui, ma pure mi terrorizzavano. Non perché non mi fosse piaciuto ciò che era successo (nei miei momenti solitari avevo ripensato alle sue carezze, le avevo riprodotte con le mie mani, il turbamento era scivolato dentro le mie mutandine), ma perché avevo paura che si sapesse in giro, che mi dessero del finocchio, temevo di essere scoperto e bullizzato. Così Giovi lo evitai per un po', ma anche lui si era intimidito o risentito, non riuscivo a capirlo: la qual cosa mi turbava ancora di più, perché stavo entrando in una sorta di rapporto di dipendenza da lui. Per un paio di settimane ci vedemmo solo a scuola, ma Giovanni mi mancava, non riuscivo a negarlo, e ogni volta che in classe i nostri sguardi si incrociavano, anche solo per un attimo, io mi accendevo di un timido sorriso e lui invece si girava da un'altra parte, come indispettito.
    E io avevo una paura matta di perderlo, anche perché lo vedevo correre appresso alle ragazzine, quelle vere, e ...
    ... stupidamente mi chiedevo cosa avessero più di me, per lui.
    Finché un giorno, all'uscita dalla scuola, non perse l'autobus e ci ritrovammo a fare la stessa strada, a piedi, tagliando giù per la villa, per fare prima. Camminammo fianco a fianco, senza parlarci, come fossimo litigati, musone lui, musino io. Ma eravamo insieme e questo mi riempiva di gioia nel profondo, oltre ad accendermi un soffuso turbamento nell'intimo. Però non sopportavo quel silenzio pesante che sapeva di offesa reciproca e a un certo punto, nel deserto della villa all'ora di pranzo, aprii finalmente bocca.
    "Giovanni, mi è dispiaciuto quello che è successo l'altra volta...".
    Mi interruppe con uno sguardo duro, interrogativo. Eravamo in uno dei punti più remoti della villa, la scorciatoia passava da radure poco o per niente frequentate.
    "Ti è dispiaciuto quello che è successo o quello che non è successo?", disse con un tono affilato, che voleva essere ficcante. Ebbe successo, io rimasi interdetto e senza parole. "E ora scusami", proseguì uscendo dal sentiero. Si mise di spalle e sentii la sua zip che scendeva, poi lo scroscio inequivocabile della pipì. Non sapevo che fare.
    "Vuoi guardare? Accomodati", ridacchiò facendo l'antipatico. Io rimasi lontano, lui si ricompose e poi si avvicinò spavaldo.
    "A me è dispiaciuto che ci siamo dovuti fermare", disse sicuro, stampandomi gli occhi accesi di una strana luce negli occhi, raggiungendo una distanza decisamente inferiore a quella di sicurezza. Indossavo, quel ...
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