Secrezioni: "Candidamente tua"
Data: 06/03/2018,
Categorie:
Etero
Autore: renart
... a puntare il mio pacco gonfio. Da parte mia, usando tutto il frasario di una grammatica silenziosa ma efficacissima, facevo in modo che lei intendesse che mi attizzava non poco, e più di una volta, negli oziosi e caldi pomeriggi, quando tutti gli ospiti della villa erano sbracati sui letti per la siesta, mi stendevo sull’amaca, al fresco degli ulivi, e come avvertivo la sua presenza in giardino, dove approdava leggera e furtiva come un gatto, in prendisole acquamarina cortissimo, che le lasciava scoperte le spalle e le cosce abbronzatissime, lo tiravo fuori dalle mutande e a occhi chiusi me lo menavo immaginando a cosa pensasse mentre mi guardava, e cosa provasse la milfona golosa di giovane carne dura che, ne ero certo, grattava e urlava sotto il guano di perbenismo che si spalmava addosso come crema solare tutte le mattine – di sicuro non orrore e repulsione, visto che, aprendo leggermente le palpebre, potevo vederla posizionata nella traiettoria migliore, fissarmi per un po’, ritirare lo sguardo e, subito dopo, riposarlo sulla mano stretta intorno al cazzo fino agli schizzi poderosi e abbondanti. Così come me la immaginavo la notte, distesa sveglia accanto al marito sedato dal valium, mentre mi chiavavo forte la figlia nella camera accanto, la testiera del letto che sbatteva violentemente contro la parete che ci divideva, mentre Veronica, rantolando per il piacere, mi implorava senza troppa convinzione di fare più piano, che avrei svegliato i suoi, ovvero sua madre, ...
... visto che Massimo sarebbe risorto soltanto alle sei del mattino, pronto per la passeggiata mattutina sulla spiaggia con la consorte, ma l’idea di Linda con l’orecchio teso, turbata dai rumori dell’amplesso al punto da portarsi la mano nelle mutande e sgrillettarsi il clitoride fino a godere mordendosi a sangue il labbro inferiore, mi infoiava ancora di più e ci davo dentro come un matto, il ventre lanciato a briglia sciolta furiosamente contro le chiappe marmoree del mio amore, che alla fine capitolava e si lasciava andare a prolungate grida acutissime, che avrebbero rischiato davvero di svegliare quel grand’uomo del padrone di casa. Fantasie ed episodi, questi, che non mancavo di riversare nei racconti pubblicati su Lupanare, che Linda trafugava ogni mese da casa e che leggeva di nascosto da Massimo – il quale aveva bollato la rivista come merda al primo sguardo -, ben sapendo chi si nascondesse dietro lo pseudonimo col quale erano firmati, ma senza mai pronunciare una sillaba a riguardo, arroccata dietro l’ipocrita convincimento che non è cosa realizzabile in questo mondo che sua figlia si accompagnasse ad un sordido di questa risma, capace di fare della nobile arte della scrittura un mezzo così effimero e balordo, buono a solleticare le voglie di altri perdigiorno e niente più. Questo era, dunque, il terreno sul quale si innervava il nostro rapporto, fino a quando, due giorni dopo una furiosa lite tra me e Veronica – scaturita dalla scoperta della sua tresca col suo datore di ...