1. Plug anale e crisi anafilattiche


    Data: 03/04/2018, Categorie: Gay / Bisex Autore: mblanc61

    ... colorito. Solo le voglio misurare la pressione: se tutto è a posto le faccio una prescrizione di un paio di giorni di riposo prima di farla ritornare a lavorare”.
    
    Anche la pressione era normale, così mi fu concesso di lasciare l’ospedale. I miei vestiti erano stati sistemati dentro un armadietto all’interno della camera, e mi ci diressi. Gli abiti appesi, le scarpe con dentro le calze sul fondo, l’orologio e il plug sul ripiano in alto. Misi il plug dentro una scarpa, poi presi tutto e mi chiusi in bagno per vestirmi. Spostai il plug in una tasca della giacca, ma mi pareva davvero troppo visibile per poter passare inosservato, così tenni la giacca in mano, appoggiata ad un braccio. Mi feci coraggio e uscii dalla stanza avventurandomi per i corridoi che mi avrebbero portato fuori dall’ospedale. Quando passai davanti alle vetrate della guardiola del reparto di medicina interna mi sentii chiamare: “Marchetti!”. Era la caporeparto che sventolava la prescrizione del dottore. “Non dimentica qualcosa?” disse sorridendo. Presi il foglio e la ringraziai frettolosamente avendo l’impressione che il suo sorriso fosse molto allusivo. Nel percorrere le scale e i corridoi che mi dividevano dall’uscita fui salutato cordialmente da tutto il personale medico che incontrai, anche il primario di chirurgia toracica mi riconobbe. Era ovvio che la voce si fosse già sparsa a tutto l’ospedale e che tutti ...
    ... ridessero alle mie spalle.
    
    Quando finalmente raggiunsi l’ingresso urtai una signora che stava entrando e quasi la feci cadere: stavo correndo, scappando. Tornai a casa a piedi cercando di trovare una soluzione alla situazione di imbarazzo in cui mi trovavo: tutto l’ospedale avrebbe riso alle mie spalle per molti mesi, forse anni, e il ricordo non si sarebbe mai definitivamente spento.
    
    Il lunedì mattina mi svegliai una mezz’oretta prima del solito per potermi preparare con calma e, una volta lavato, vestito e pettinato uscii di casa ed andai verso l’auto parcheggiata in cortile. Il percorso verso l’ospedale, lo stesso da tanti anni, mi permise di ascoltare la trasmissione radiofonica di sempre; parcheggiai nei posteggi riservati ai dipendenti alle spalle dell’edificio degli uffici e scesi dall’auto, diretto verso la porta di entrata. La mia ombra mi precedeva così da permettermi di osservare la mia andatura svelta. La testa pareva davvero enorme, un po’ dilatata e storta, ma i polpacci erano davvero il mio punto di forza. Nell’avvicinarmi all’edificio mille domande mi frullavano in testa, ma ormai non sarei più potuto tornare sui miei passi, così proseguii fino alla portineria dove Roberto alzò gli occhi dal giornale e mi disse: “Signora, qui ci sono gli uffici amministrativi: forse…”, poi sgranò gli occhi “Marchetti? Ma sei tu?”;
    
    “Signorina Marchetti, prego!” gli risposi sorridendo.
    
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