1. Storia di sesso e congiuntivi


    Data: 22/05/2018, Categorie: Etero Autore: ilromantico73, Fonte: Annunci69

    ... rimaneva una sua studentessa minorenne mentre lui era ormai vicino ai quaranta.
    
    “Ciao Marika” disse timido appena lei lo raggiunse.
    
    “Buonasera Prof” rispose lei biasciando la gomma.
    
    “Puoi… puoi chiamarmi Mario se vuoi” disse lui impacciato. Lui Mario, lei Marika. Erano gli opposti anche nei nomi, il suo di una banalità quasi raccapricciante mentre quello di lei assolutamente non comune… e decisamente volgare, pensava il Professore.
    
    “Allora come va?” cercava di trovare un argomento di discussione.
    
    “Mario siamo venuti qua per fare conversazione?”
    
    “No… no, era solo per sciogliere il giaccio”.
    
    “Allora sbrighiamoci che devo tornare a casa. Esci il cazzo che te lo succhio”.
    
    “No.” Rispose d’istino il Professore.
    
    “Non vuoi che te lo succhi?”
    
    “Sì, quello sì” si affrettò a precisare “ma vedi uscire è un verbo intransitivo. Non puoi dire esci il cazzo perché dopo uscire non puoi metterci un complemento oggetto” lei lo guardava stranita “ti spiego, è come scendere, non puoi dire “ora scendo il cane” per dire che lo porti fuori. Perché scendere è intransitivo, si scende da qualcosa non si scende qualcosa. Capito?”
    
    “Veramente tutte le sere il cane lo scendo io per farlo pisciare” replicò sbigottita lei.
    
    “Sbagli!” sentenziò il professore.
    
    “E che devo farlo scendere a mi madre? C’ha una certa età”.
    
    “No, no. Non era quello il senso, era il verbo ad essere utilizzato male, come anche si dice “mia” madre e non mi madre” lei continuava a guardarlo ...
    ... allibita.
    
    “Quindi non lo esci per fartelo succhiare?” chiese dubbiosa.
    
    “No, no lo esco lo esco” il Professore si convinse che per un pompino di Marika poteva sopportare un verbo intransitivo usato male per cui lo uscì.
    
    Marika si inginocchiò davanti a lui e lo prese in mano “Professò mica ce lo sapevo che avevi una mazza tanta” esclamò appiccicandosi la gomma dietro l’orecchio. In quell’azione e in quella frase c’erano talmente tanti errori e orrori che a Mario si ammosciò immediatamente, avrebbe voluto fermarla e correggere immediatamente tutti gli strafalcioni usati ma come lei lo prese tutto in bocca si dimenticò subito di qualsiasi altra cosa.
    
    Era giovane, era bella ed era decisamente brava. Aveva una maestria dettata sia dall’esperienza che dall’entusiasmo che ci metteva. Mario era in estasi, se l’avesse lasciata continuare avrebbe raggiunto l’orgasmo in men che non si dica. La fece alzare e presero a baciarsi in bocca, poi le tolse maglietta e reggiseno e si mise ad osservare quel magnifico seno. Era almeno una quarta, bella soda come solo quelle delle diciassettenni sanno esserlo. I capezzoli scuri e sporgenti. Si mise a toccarle, leccandoli e mordendoli.
    
    “Bravo Mario, leccami bene le aureole”.
    
    “Areole!”
    
    “Cosa?”
    
    “Si chiamano areole, non aureole. Le aureole sono quei cerchi sulla testa dei santi che vediamo nei dipinti, quelle del capezzolo si chiamano areole e visto quello che stiamo facendo credo proprio che nessuno di noi avrà mai un’aureola” ...