1. Il regno del sesso - cap. 03


    Data: 14/06/2018, Categorie: Gay / Bisex Autore: darkhood2

    [Ma il sesso è solo penetrazione? Questo racconto è dedicato a chi sa aspettare...]
    
    Sherwin mi dominava. Silenziosamente. Senza violenza, senza ordini o comandi, senza la pantomima del gioco di ruolo slave-master. Non c’era niente di fasullo, niente che fosse attinente a un codice prefissato. Con questo non intendo dire che fosse tutto improvvisato. Shervin ha sempre avuto desideri molto precisi, specifici. Ma aveva un modo di comunicarmeli che mi lasciava sempre disarmato. Era come se avesse bisogno: della mia bocca. Della mia lingua. Della mia mano. Del mio corpo. Chi mai avrebbe lasciato un ragazzo così perfettamente bello a languire, senza che il suo desiderio fosse soddisfatto? Nessuno, perlomeno non io.
    
    I suoi occhi erano comando e implorazione. E fuoco, fuoco, fuoco.
    
    Non avevamo bisogno di molte parole, anzi, quasi nessuna. Tanto basta. Non c’era la dolcezza degli amanti o la rudezza degli uomini che vogliono nascondere la propria natura sotto una scorza. Tra me e Shervin c’era quello che c’era.
    
    Parlavo della sua bellezza perfetta? Shervin era tutt’altro che perfetto. Ma erano le sue peculiarità, le sue caratteristiche a renderlo così irresistibile. Perché, se la perfezione può essere intesa anche come infallibilità, il suo fascino su di me era infallibile. Benché il suo corpo non fosse, ovviamente, quello di un Bronzo di Riace. La peluria che dall’ombelico scende verso il pube, e si allarga come una corona attorno al suo sesso, assente, invece, sul ...
    ... petto, tranne che intorno ai capezzoli. E la barba, che gli cresceva irregolare. Il viso leggermente asimmetrico, i fianchi che a volte sembravano più morbidi – quando Sherwin saltvaa qualche allenamento – e l’addome che a volte si gonfiava, quando Sherwin esagerava con la birra. Ma sono cose che si riconoscono con il tempo. Con il tempo e l’esercizio: bisogna osservare. Bisogna saper guardare e annusare.
    
    Non si trattava solo dei piedi, naturalmente. Ogni parte del corpo di Shervin pretendeva un culto a sé. Adorava che io lo adorassi e io lo adoravo, io cadevo in venerazione, ogni volta. E mi sconvolgeva sempre la naturalezza con cui tutto questo accadeva.
    
    La naturalezza con cui, per esempio, mi arrivò un suo messaggio, alle 19:30 di un venerdì. Avevo appuntamento con la mia ragazza e una coppia di amici per una pizza alle nove. Lui mi scrisse: “Mi dai un passaggio a casa? Sono appena uscito dalla palestra”. Non potevo rifiutare. Non volevo rifiutare. In fin dei conti, ero a casa a far nulla, se non riposarmi dopo il lavoro. Andai a prenderlo, lo accompagnai a casa. “Non c’è nessuno e non verrà nessuno”, mi disse, rassicurante ed eccitato.
    
    Sembrava un po’ impacciato questa volta, non capivo perché. Ero già gonfio e duro nelle mutande e questo suo atteggiamento mi incuriosiva. Quando fummo nella sua camera, si svelò l’arcano. Non si era fatto la doccia, dopo l’allenamento in palestra. Voleva che gliela facessi io. Senz’acqua, naturalmente, ma con la bocca. Impazzii dal ...
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