Racconto di Natale. Il terremoto, gli spettri.
Data: 16/09/2017,
Categorie:
pulp,
Autore: Tibet
... strada e tu? Che mi hai dato?- -Mi spiace di tutto… ti chiedo perdono- -Perdono? No! Mai! A quanti dovrai chiedere perdono stanotte?- Lentamente la figura svanì mentre un'altra se ne materializzava al posto suo, una figura di donna. Lui… chiuse gli occhi per non vederla. Non lei… non lei! Ti prego… non lei! Non lei! -Si… sono io, apri gli occhi e guardami, guardami con amore come mi guardavi una volta, guardami anche se il mio viso si è decomposto in questi lunghi anni, ricordi come mi dicevi che ero bella… bella… bella? Come mi promettevi felicità eterna?- -Lo sei ancora, per me sei bella sempre, sempre lo sarai. Mi manchi, mi mancherai fin che vivo. Resta con me, dammi modo di rimediare a quanto è stato- -Non ci è possibile questo, non lo vorrei neanche, non ti perdono ma siamo legati per sempre. Sono morta ma vivo in te, nella tua mente, mi penserai fin che vivi… alimenterò il tuo rimorso.- -Ti chiedo perdono! Mille volte ti chiedo perdono! Se avessi potuto avrei salvato la tua vita pagando con la mia! Mille e mille volte l’avrei fatto!- -E la vita di mia figlia? Di tua figlia? Era una femminuccia, sai? Che non mi hai dato la gioia di conoscere, di avere? E la disperazione di mio padre, tuo amico? Non basterebbero mille anni di rimorso per rimediare, ti amavo- -Non andartene, ti amavo anch’io, ti vedo dappertutto, in ogni figura di donna cerco te… te!- Lui voleva trattenerla, parlarle, convincerla a restare ma la figura lentamente svanì e altrettanto lentamente se ne ...
... materializzò un’altra… e un’altra e un’altra, composero un piccolo gruppo di persone dal viso indefinito. A lui non riuscì di riconoscere chi erano. Ora più brevemente, ognuna riportava la propria vicenda, i torti subiti, erano accuse che riguardavano il suo egoismo, l’incapacità di amare e di essere fedele, la sua spregiudicatezza ad usarle come oggetto sessuale, di come le aveva traviate e poi abbandonate al loro destino, qualcuna di loro terminava con le parole… -…ti amavo… …ti amavo… …ti amavo… …ti amavo…- Erano voci che si perdevano nell’eco. Dove stava tutto questo amore? Lui non l’aveva conosciuto o lo aveva confuso con il sesso? Loro di cosa avevano sofferto? E’ vero… le aveva utilizzate, ma partecipavano alla soddisfazione della libidine comune o no? Non erano consenzienti? Pronte a tutto? Le fece sparire con un gesto stizzito del braccio. Poi ancora gruppi, figure indistinte che stavano al buio e non era possibile distinguere, erano coloro che lui, senza neanche conoscere, aveva contribuito a far morire, a far soffrire negli anni della sua lunga pazzia. E con loro… dietro, una massa ancora più indistinta, figure che urlavano il dolore come le donne del coro nelle tragedie greche. Ora erano tutti lì assieme ed aspettavano. Aspettavano cosa? Che lui spiegasse vanamente il perché? Non c’era un perché per la pazzia sua e del mondo. E’ solo che la vita degli altri non ha importanza. Ma ci tentava, elaborava i motivi che l’avevano portato a comportarsi così, parlava di ...