1. La casetta sull'albero


    Data: 16/09/2018, Categorie: Lesbo Autore: Mirosa, Fonte: Annunci69

    La casetta sull’albero
    
    Il nonno possedeva un casale che la guerra s’era arrogata il diritto di distruggere, proprio mentre suo padre gli moriva fra le braccia nella tragica ritirata di Russia. Lui se l’era cavata con qualche esito di congelamento che non gli aveva impedito di portare avanti la falegnameria. S’era sposato, erano nati una figlia e di un figlio, ma dopo qualche anno la precoce morte della moglie l’aveva lasciato vedovo. S’era allora presa una ricca donna del paese, che non aveva mai avuto marito, pur essendo madre d’una femmina. Il suo denaro era servito a ristrutturare il cascinale.
    
    La terza generazione era composta dalla timida Carlotta, la nipote del nonno, che regalava un anno a Laila, figlia della sua compagna, e da me, Alda, che ero stata adottata, poiché il figlio maschio e la moglie, mia mamma adottiva, non avevano procreato.
    
    Io, Carlotta, Laila, con le nostre famiglie abitavamo in tre città diverse, però l’estate ci ritrovavamo al casale, un posto assai meglio di un “eden”, perché nel paradiso terrestre se peccavi ti mandavano via, invece noi tre lì, peccammo e molto, senza che nessuno ci scacciasse; anzi i due vecchi si beavano della nostra presenza.
    
    Avevamo la casetta sui rami della quercia nella radura soprastante il casale, costruita dal nonno assieme ai nostri genitori, con tanto di scala retrattile. La piscina naturale, formata dal torrentello che in quel punto si allargava, di fianco allo spiazzo celato agli occhi di chiunque dallo ...
    ... sbarramento di rovi, con al centro uno scoglio piatto. Non mancavano i box con lo stallone di Carlotta, la cavalla di Laila, che aveva figliato il puledrino per me; così eravamo diventate “la cugine purè”, perché i maschi del paese dicevano che andando a cavallo schiacciavamo la patata.
    
    A metà degli anni ottanta le mie cugine avevano 16 e 15 anni, io 10, il sabato sera il nonno ci portava in macchina nella discoteca del paese; niente d’intrigante tutto sotto gli occhi di tutti, le cugine facevano comunella con i compagni del paese ed io, con un sacchetto di patatine ed una coca cercavo di non dare fastidio, ascoltando Pino Daniele, Pappalardo, Tozzi, Battiato, la Mannoia.
    
    Tre anni dopo Carlotta aveva la patente e Laila s’apprestava a prenderla.
    
    Ci volevamo un bene da matti noi tre e lì al casale avevo assistito al gonfiare delle loro tettine e me le avevano fatte pure ciucciare giocando a mamma e figlia e un mattino Carlotta ci aveva fatto vedere con orgoglio il pannolino macchiato, dicendoci che lei era ormai donna; Laila ci aveva un po’ sofferto, io invece no, perché non volevo diventare donna, desideravo rimanere la loro bambola, perché le adoravo entrambe. L’estate dopo era donna anche Lalla.
    
    Nel letto a castello io dormivo sopra, sotto Laila, la brandina di Carlotta era mobile e spesso l’accostava all’altra formando un unico letto. Mai le mie cugine mi avevano parlato di orgasmi o quant’altro, anzi quando di notte mi svegliavo sentendo dei rumori provenire dai ...
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