Rapporti condominiali -4
Data: 21/09/2018,
Categorie:
Gay / Bisex
Autore: adad
... brillargli nella semioscurità del garage.
“Allora, possiamo anche rifarlo qualche volta!”, gli dissi spudoratamente.
E infatti, lo rifacemmo e sempre con il medesimo entusiasmante piacere. In genere, una o due volte al mese, Dragan riusciva a trovare il modo di sgattaiolare da me: senza perdere tempo in chiacchiere inutili, prima gli davo una lucidata allo strumento con la bocca, poi lo accoglievo nel culo e insieme attaccavamo l’andante con moto e il finale maestoso della sinfonia Dal Nuovo Mondo, a cui non mancavamo di apportare ogni tanto delle interessantissime variazioni.
Devo ammettere che Dragan era un vero mandrillo, sempre pronto a rispondere più che adeguatamente alle mie sollecitazioni… e io non sono uno che si stanca facilmente! Insomma, con il passare dei mesi, il nostro menage si fece sempre più forte e soddisfacente, e questo senza compromettere minimamente il suo rapporto con la moglie, rapporto che, a suo dire, era anzi addirittura migliorato da quando scopava con me. Il che è anche comprensibile: io ero la puttana con cui lui poteva togliersi tutti quei piccoli, inconfessabili sfizi, che con la moglie gli erano preclusi, e che a lungo andare avrebbero rischiato di compromettere la felicità della loro unione.
Una sera, saranno state le nove, sentii suonare alla porta. La cosa mi stupì, perché in genere non mi viene gente a quell’ora, a parte il mio montone slavo, che però era passato da me appena due giorni prima. Né era pensabile che fosse ...
... un vicino bisognoso di una tazza di zucchero.
Per precauzione, misi la catena di sicurezza e socchiusi la porta. Non ci crederete: era Andrea! Tolsi immediatamente la catena e aprii.
“Ciao, - gli feci con un largo sorriso – che sorpresa!”
Aveva una strana espressione sul viso, fra il timido e l’imbarazzato. Accennò un sorriso.
“Ciao, ti disturbo?”
“Assolutamente no, che idea! Vieni, accomodati.”
In soggiorno, si stravaccò sul divano, al suo posto di un tempo; io mi tenni a distanza e, dopo avergli offerto una birra, mi sedetti in una poltrona di fronte a lui. La nostra storia, se così la si vuol definire, era terminata da oltre un anno e da diverso tempo non lo incrociavo neanche più sulle scale. Appariva ingrigito, ma era pur sempre un maschio meravigliosamente sensuale.
Indossava un maglioncino e un paio di jeans sformati. Solo a guardarlo mi sentivo fibrillare tutto.
Chiacchierammo un po’ di banalità, guardinghi, attenti tutti e due ad evitare argomenti pericolosi. Gli chiesi di lui e mi rispose vagamente che stava attraversando un brutto momento, ma si vedeva che erano altre le cose che aveva in testa. D’un tratto, infatti, fece un respiro profondo e torcendosi le mani in grembo:
“Penso di dovermi scusare con te, Luigi.”, disse piano.
Lo guardai con aria interrogativa: tutto mi sarei aspettato, tranne che sentisse il bisogno di scusarsi con me.
“Quando venivo, ricordi? – continuò lui, senza alzare gli occhi – Mi sento come d’averti ...