1. E finÌ il tempo di giocare con le bambole


    Data: 11/12/2018, Categorie: Prime Esperienze Autore: Mirosa

    Sostengo da sempre che nell’ambito sessuale, nulla è proibito tra adulti consenzienti, disapprovo però che nei giochi erotici di quest’ultimi, vengano coinvolti dei minori. Questo racconto narra il modo in cui due ragazzine e un maschietto, iniziarono a far sesso.
    
    Ho di proposito violato alcune regole sintattiche, non andando soventemente a capo, specialmente nei dialoghi, essendomi io stessa spesso deconcentrata, quando devo far scorrere in continuazione lo scritto, soprattutto se il racconto mi trascina e le mani vorrei usarle altrove.
    
    Il mio nome è Livia, ho quarantasette anni, sono sposata con Cesare di sessanta, che da troppo tempo ha dimenticato le cose che un marito dovrebbe fare con la moglie, specialmente a letto. Questo è il principale motivo per il quale sono diventata un’assidua cultrice dell’auto - erotismo che mi porta a sbizzarrire le più sfrenate fantasie sessuali, leccando e succhiando gli afrori e i sapori che si appiccicano sul mio unico amante: un vibrante cazzo in lattice di gomma, col quale mi scopo, con gioioso ripetersi, culo e fica: un surrogato del pene, che lenisce le mie perenni brame sessuali. Il rovescio della medaglia è, che mi ritrovo depressa alla fine di ogni masturbazione, col cruccio e i rimpianti della donna sposata che deve ricorrere a un fallo posticcio per soddisfare le sue sacrosante pulsioni carnali, continuando nel contempo, a essere fedele al coniuge. Non so per via di quale freno inibitore, non sia ancora diventata consorte ...
    ... fedifraga, purtroppo per me, dopo il fatidico “sì”, mai ho avuto rapporti sessuali con altri uomini o donne. Non so neppure io da cosa derivi questa mia assurda fedeltà, dato che dall’adolescenza fino a ventiquattro anni compiuti, quando mi ero fidanzata con Cesare, nulla mi ero mai fatta mancare in fatto di sesso.
    
    Con le nostre famiglie, mamma e zia avevano sposato due fratelli, uno dei quali mio padre, durante il periodo scolastico abitavamo in città, in due appartamenti attigui, con porta comunicante, però le estati, con Ada ed Elvio, miei cuginetti coetanei, le passavamo in campagna nella cascina dei nonni paterni, dove avevano adattato a casetta giochi per noi bambini, il disusato essiccatoio di castagne. In quel regno, il nostro passatempo preferito era fare l’atavico gioco di dottori e pazienti, alternandoci in entrambi i ruoli, avevamo esplorato in ogni maniera i nostri sessi al punto che noi femminucce non avremmo più potuto essere tecnicamente considerate vergini, avendo ospitato nelle nostre patatine implumi, i mignoli del maschietto e tutte le altre nostre dita, pollici esclusi; mentre a Elvio, avevamo ripetutamente scappucciato il pistolino, per assistere al prodigio della ciliegina rossa, umida e lucida, che compariva e che noi due leccavamo, scoprendo che il sapore era più buono di quello del frutto stesso. Quando avevamo da poco superato gli undici anni e a breve distanza l’una dall’altra, le patatine di noi femminucce si tinsero col sangue del mestruo, non ...
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