E finÌ il tempo di giocare con le bambole
Data: 11/12/2018,
Categorie:
Prime Esperienze
Autore: Mirosa
... al “marchese” e alla nostra orgogliosa risposta affermativa, volle insegnarci ciò che aveva imparato dalle sue sorelle più grandi, le attenzioni che dedicavano alla sua fica, e di come lei le ricambiava infilando la sua mano sottile dentro la vagina di Gisella, la più grande, che si faceva così scopare impugnandole il gomito, mentre lei le leccava il clitoride e l’altra, Gina, le dava la sua fica da lappare intanto che dolorosamente le strizzava i capezzoli, gesto che Gisella pretendeva perché quel piacevole dolore amplificava a dismisura il suo orgasmo. Clelia iniziò insegnandoci a baciare, spiegandoci che se col primo ragazzo saremmo state maldestre, ci avrebbe bollato come pivelle imbranate e sputtanato. Sentire la sua lingua che giocherellava con le nostre, dentro le bocche curiose, fu un’esperienza stupenda, che Ada ed io replicammo in continuazione; il secondo insegnamento fu quello di mostrarci, ma già l’avevamo capito vedendo godere mamma per merito di zia, che le nostre “muccette”, oltre che per fare la pipì, erano fonti inesauribili di delizia, ci disse che avrebbe portato lei il latte ai nonni e che poi sarebbe venuta a trovarci nel vecchio essiccatoio. Arrivò, fece colazione con noi e quando fummo nel nostro regno, senza perdersi in inutili preamboli, ci fece sdraiare una di fronte all’altra sul sedile posteriore, recuperato, così come i due davanti, della “600” del nonno, che usavamo come poltrone e divano; ci tolse lei stessa le mutandine e iniziò a stuzzicare ...
... con gli indici delle sue mani, i bottoncini delle nostre fichette, provocandoci il primo vero orgasmo, al quale altri ne seguirono, procuratici dalla sua lingua esperta che ci fece vaneggiare. La regola del “do ut des” avevamo capito che l’avrebbe applicata mamma con zia, quando ci aveva fatto uscire dalla camera, allora solertemente ci mettemmo agli ordini della maestra. Nelle case di campagna allora neppure c’era il gabinetto, ed il bidè nessuno mai l’aveva sentito nominare, perciò la fica di Clelia aveva un sapore acre, penetrante e pungente che tuttavia ci piacque assai e vederla godere fu un’esperienza che ci scioccò; gemendo ci diceva, incitando con affettuosi nomignoli indecenti, chi delle due doveva leccargliela:”Puttanella succhiami il grilletto, sì, continua così troietta, fammi vedere se ti ho insegnato davvero bene …” e intanto ci leccava la patatina a turno, usando il dito sulla fichetta dell’altra. Non riuscirei a quantificare la somma degli orgasmi, solo crescendo e avendo molte altre esperienze saffiche, capii che Clelia era nata per fare quel tipo di sesso, perché possedeva estro, fantasia, dolcezza, violenza, doti sessuali che mai più riscontrai in nessun’altra partner femminile e tanto meno nei maschi.
Da quel momento Ada ed io lesbicammo ogni notte, scoprendo che i nostri sessi avevano gli stessi afrori, anche se meno intensi, poiché ci lavavamo spesso nel torrentello, assaporati nella fica della nostra amica e maestra. Un pomeriggio ci nascose nella ...