Le cinque sorelle Magnacervo
Data: 13/12/2018,
Categorie:
Comici
Autore: Edipo
Si parlava di politica e il discorso cadde su un noto leader che stava cercando di rifarsi una verginità dopo trascorsi poco felici. Allora Alberto se ne venne fuori con questa battuta ermetica:"E' innocente come le sorelle Magnacervo." Ci guardammo stupiti e prima che potessimo fare un commento lui aggiunse:"Da bambino sentivo spesso questa frase nel paese di mia madre, sta a indicare uno che ha scheletri nell'armadio. Si diceva poi un'altra battuta, un altro proverbio, se volete: ha fatto la fine dell'ultima sorella Magnacervo, per indicare uno che alla fine paga per tutti, resta con il cerino in mano." "Molto interessante" commentai acido, "se poi ti prendi il disturbo di spiegarci chi erano queste sorelle Magnagatto, te ne saremo grati." "Magnacervo, si chiamavano Magnacervo. Vi racconto volentieri la storia così come si è tramandata. Da bambino chiedevo agli adulti chi erano quelle sorelle e che significavano quelle frasi ma nessuno mi rispondeva. Ho dovuto diventare grande per impararlo e mi sono messo a fare ricerche per capire se si trattava di qualcosa veramente accaduto o di una semplice tradizione. Penso che anche in questo caso verità e leggenda si mescolino e come sempre prevale la leggenda. Tuttavia in quel paese è esistita davvero una famiglia con quel nome. Alla fine del '600 Giovan Battista Magnacervo era l'uomo più ricco e influente del paese. Il titolo di cavaliere di cui si fregiava indicava che apparteneva alla piccola nobiltà terriera di quei posti. A ...
... quell'epoca, più che nella nostra, la fortuna di pochi dominava sulla sfortuna di molti. Don Giovan Battista Magnacervo apparteneva alla schiera dei pochi, eppure il cielo, così benigno con lui, non gli risparmiò un'amarezza: sua moglie donna Lucrezia non riuscì a dargli un figlio maschio. Nacquero una dopo l'altra sette bambine di cui due ebbero il buon senso di non superare i primi anni; rimasero le altre cinque, il che significava cinque doti da assegnare per fargli trovare marito e se qualcuna avesse preso la via del convento non sarebbe stato un gran risparmio visto che anche le novizie andavano generosamente dotate per poter entrare nei conventi più prestigiosi, quelli delle monache di nobile famiglia. Così il cavalier Giovan Battista si ritrovò nella necessità di maritare le sue pulzelle. La primogenita si chiamava Isabella e già si avvicinava ai vent'anni che allora erano un'età certo non bassa per sposarsi. Il pretendente fu trovato in un certo Filippo Moscato, figlio di un tale Scipione, denominato patrizio nei libri dell'epoca. Un altro piccolo nobile, insomma. Le nozze furono dunque preparate, i due promessi erano giovani e belli e dagli sguardi languidi che si scambiavano durante il casto fidanzamento si poteva pensare che una volta tanto un matrimonio combinato dai padri non andava contro il volere dei figli. Il giorno delle nozze era dunque vicino ma la promessa sposa si intristì, fino a diventare cupa. Le sollecite cure materne di donna Lucrezia non furono ...