1. Notte in treno


    Data: 20/12/2018, Categorie: Etero Autore: Minero

    ... ridere quando, provando a entrare con la mano dentro jeans, ha trovato la mia durezza interiore.
    
    «Si, e anche puntigliosa, mi somiglia solamente.». Levai la mano dalla gamba della quarantenne e, con uno strano distorcimento del braccio, riuscii a toccarle finalmente un seno, muovendo le dita circolarmente. Piccolino ma abbastanza sodo per una donna di quell’età.
    
    Il suo respiro cominciò ad affannarsi, sorrise alle mie parole. Cominciai a sentire il suo tocco sul mio compagno laggiù che lentamente veniva preso in una stretta. Scoppiò la mia passione in un bacio, e con tutta la forza che avevo nelle vene, spinsi per indurirlo ancora di più. Lo tirò fuori dalle mutande e dal jeans. Si fermò dal baciarmi solo per guardarlo, tornando poi a fissarmi dritto negli occhi.
    
    «Bè, se le somiglia dev'essere una bella bimba. Pensi che per una zitellina come me è quasi una
    
    colpa per i miei genitori, come una sconfitta.» Mi sussurrò, aggrappandosi coi denti ancora al collo.
    
    Ero in paranoia. Ogni vibrazione troppo forte, ogni volte che sentivo rumore di passi, guardavo ogni singolo occhio dei miei compagni dormienti. Molto lentamente, senza colpire nessuno, allungai la gamba sinistra, e poi la gamba destra.
    
    Provando a tornare alla realtà le risposi con un’insicurezza che scommetto rafforzasse il suo status di donna predatrice «Ma non si preoccupi, meglio senza figli, che poterli vedere quattro volte al mese si fidi. Tu, oh scusi, posso darle del tu?»
    
    «Ma certo»
    
    Fu la ...
    ... prima volta che mi sorrise e questo mi rincuorava. Non so ancora se la sua logica fosse win-to-win o se pensasse ‘quanto so figa che mi rimorchio i tizi in treno’ o meglio ancora ‘menomale che c’è cascato quest’uomo è troppo figo’.
    
    Spero quest’ultima. Ad ogni modo volevo sapere un po’ di più.
    
    «Tu che lavoro fai?». Appena smesso di parlare, lei sbuffò in una risatina.
    
    «Eh lasciamo perdere questa parte, ti dico solo che sono una sorta di segretaria. Tu?» Questa volta fui io a sbottare a ridere. Tenevamo una conversazione mentre lei aveva il mio coso in mano. La guardai, scrollando il volto, prendendole la mano colta in flagrante e cominciando a muovergliela. Feci così per una decina di secondi, per poi lasciare il lavoro a lei: senza dire nulla lei continuò ad andare su e giù.
    
    «Io sono un capo officina per la Mercedes che ha sede vicino Linate, ma non quelli che stanno
    
    sempre seduti davanti al computer, io sono uno che con il lavoratore ci comunica, vado li,
    
    scherziamo, parliamo, aiuto!» E volevo che anche Emanuela in quel momento mi aiutasse. Il mio bacino seguiva il suo movimento di mano spingendosi avanti e indietro. La sua morsa era sempre più stretta.
    
    «Un capo buono, insomma!» Le sorrisi, le gote cominciarono ad arrossarmi, e adesso anche il mio respiro era affannato. Sentii la fronte sudare.
    
    La baciai di nuovo, adesso stringendole il braccio attorno alle spalle, facendole capire che si doveva piegare, che doveva lavorare sodo.
    
    «Si, spero di si. Da ...