1. Tradizione 2


    Data: 10/01/2019, Categorie: Incesti Autore: Fiumara, Fonte: EroticiRacconti

    ... cercava inutilmente di trattenere. “Mamma mia! Chiamami Rosina, come quando giocavamo a campana!” Rosina era comparsa come dal nulla e tendeva elegantemente la mano. “Entra che ho bisogno di un lavoro urgente!” “A disposizione, come sempre. È successo qualche cosa?” “Che i figli crescono e noi non ce ne accorgiamo!” “Ah, vanno corti i pantaloni a Paolo?” “Peggio! Vanno strette le mutande. Capisci che voglio dire?” “E non può usare quelle di don Pasquale?” “Quello, ormai, sta sempre in viaggio. E se le porta tutte! Me ne devi fare una dozzina. La stoffa l’ho presa. A dire la verità, la tenevo già e mi pareva peccato buttarla via. È conservata bene!” “Hai ragione, Rosina! Che i soldi si sudano ed è un peccato buttare la roba. E Paolo dove sta?” “Sta arrivando: si era steso sul letto un pochettino!” mentre ancora lo diceva, Paolo entrò nella stanza, scambiandosi un abbraccio fraterno con l’amico e salutando poi la madre di lui. “Salute, donna Uccia! Sempre più giovane e bella!” “Magari, signorino! Che i capelli sono sempre più bianchi!” “E che significa? Che mia madre non è forse bella? Eppure i capelli sono bianchi.” “Mah.. sarà! Comunque, grazie, signorino! Dice che vi fate grande e le mutande vanno strette…” “Così vi ha detto mia madre? E che si strappano. Davanti. Capite?” “O Gesù mio! Che impertinente!” rise la Uccia, accompagnata anche dalla Rosina. “Impertinente o no, questa è la verità, Uccia mia!” aggiunse sorniona la Rosina. “Vabbè! Pigliamo le misure?” chiese la ...
    ... sarta. Paolo si mise in posizione ritta, di fronte a lei e la donna fece per svolgere la fettuccia di stoffa graduata intorno alla vita di lui. “Il girovita penso sia sempre quello, più o meno. Ma è meglio che si spogli, non pensi, Uccia?” “Le misure son quelle. Ma se credi che sia meglio che abbassi i calzoni e lui non si prende scorno…” “Prendermi scorno? Di che?” Paolo si abbassò i calzoni. “Tira giù anche il resto.” “Davvero, non mi serve!” obiettò la Uccia. “Se non vedi, non puoi capire. Sarai magari tu a metterti scorno?” insistette Rosina. “Scorno di che, Commare Rosina?” il tono di Uccia si era leggermente alterato. “Che mi potrebbe essere figlio. L’ho visto crescere, sempre insieme al mio figliolo. Che gli voglio davvero bene come un figlio.” “Non averne a male, Uccia mia! Anche io voglio bene a Rosario e non mi scorno di lui. Che pure è un bel figliolo, ti pare?” la donna annuì orgogliosa. “Messo bene di tutto. Ma Paolo mio l’hai visto mai che armatura tiene?” “Ohimmè, Rosina! Eccome parli?” “Uccia, si nu te minti scornu, fallo spogliare e poi mi dici!” pungolò ancora Rosina. La sarta sembrò capitolare alle insistenze dell’altra e lasciò che Paolo si calasse le mutande, dopo i pantaloni. Ebbe un moto di sgomento, alla vista del grande attrezzo che si era liberato; guardò il figlio, che ancora si teneva ritto, appoggiato allo stipite della porta e lo ammonì: “Tu sta zitto con tuo padre di tutto questo, altrimenti succede il finimondo!” “Allora, Uccia? Avevo ragione?” La ...