1. Lezioni private


    Data: 13/01/2019, Categorie: Prime Esperienze Autore: ssbbw69

    La poetica pascoliana e un ragazzo poco più che adolescemo con zero voglia di ascoltarmi e darmi retta.
    
    Sbuffo, sospiro e mi agito sulla sedia. Accidenti a me, alla mia incapacità di dire di no agli amici, accidenti alla mia amica Caterina quando mi ha convinto a dare ripetizioni di letteratura italiana a suo figlio Damiano, accidenti a me che non amo insegnare e non so come prendere questo riccio spinoso seduto davanti a me che mi guarda con un sorrisetto all'angolo della bocca. Un sorrisetto che dice a chiare lettere quanto poco gli importi della poetica pascoliana, di superare l'esame di maturità da privatista e di tutto il mondo.
    
    Diciannove anni appena compiuti, altissimo, magro fino a essere esile, viso di una bellezza ambigua e inquietante. Intelligenza sopra la media e voglia di ribellione. Damiano è l'unico figlio della mia migliore amica. Lo conosco da quando è nato e l'ho visto crescere. Gli voglio bene e lui ne vuole a me, di me si fidava. Poi, un giorno, ha deciso di rompere il patto di fiducia con il mondo adulto, è finito su un altro pianeta e abbiamo smesso di capirci.
    
    “La conosci l'interpretazione psicanalitica del Pascoli elaborata da Barberi Squarotti?” mi chiede ll'improvviso.
    
    E io che credevo stesse pensando ai fattacci suoi.
    
    “Io sì - rispondo – ma mi stupisco che la conosca tu”.
    
    “E' interessante come certe sue tematiche possano risalire a un trauma infantile durante la fase anale. Non credi?”
    
    Se questo ragazzino pensa di mettermi in ...
    ... difficoltà con i sottintesi erotici del più noioso poeta italiano di tutto l''800 si sbaglia di grosso, ma colgo la palla al balzo e gli faccio tutta una tirata dalla Cavallina storna al Gelsomino notturno. Annoio perfino me.
    
    “Secondo te Pascoli si scopava le sorelle?” chiede lui, sempre più provocatorio.
    
    “Saperlo non ti aiuterà a farti promuovere a luglio”.
    
    “Fanculo la maturità” replica lui strizzandomi un occhio.
    
    “Pausa caffè?” gli chiedo io conciliante.
    
    “Se mi lasci anche fumare”.
    
    Annuisco, anche se non mi piace vederlo fumare. Mi alzo e dalla veranda, dove da settimane stiamo cercando di prepararci per l'esame di fine anno, mi sposto in cucina. Preparo la moka, la metto sul fornello.
    
    Quando mi volto, mi accorgo che Damiano mi ha seguita. Mentre si avvicina a me mi rendo conto di quanto sia cresciuto. Mi sovrasta di almeno 30 centimetri. Anche lui sembra rendersi conto dei centimetri che ci separano, mi viene vicino e mi mette un braccio attorno alle spalle: “Piccoletta bella – mi dice ridendo – piccoletta zia Vi”.
    
    Da bambino mi chiamava zia. Poi aveva smesso, quando aveva deciso che zia, zio, mamma e papà dovevano essere sostituiti dai nostri nomi di battesimo.
    
    “Quanto sei cresciuto, Damiano – gli dico – dandogli un buffetto sulla guancia scarna. E quanto sei magro. Ma mangi?”
    
    Lui fa spallucce e non mi risponde. Dalla tasca dei jeans tira fuori un elastico, con cui si lega i capelli che gli arrivano quasi alle spalle.
    
    È bellissimo, ma in ...
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