Il proprio posto nel mondo
Data: 09/03/2019,
Categorie:
Gay / Bisex
Autore: dare_devil
... per farmi respirare, tossire e sputare parte di quell’eccesso di salivazione. Ma con un’uccellata sulla guancia mi fece capire che dovevo riprendere il lavoro. E così fu. più deciso e disinvolto di prima, quasi non avevo più bisogno della morsa delle sue mani a guadare la mia testa. Mi stavo impalando da solo, deciso a raggiungere, finalmente, con le labbra, i suoi peli pubici. Dopo vari tentativi, finalmente riuscii nell’impresa. A quel punto lui mi tenne stretto lì per qualche secondo. Non mi mollava. Stavo soffocando per davvero, gli occhi mi uscivano dalle orbite, la saliva colava a fontane dal mento, giù verso il collo e il petto, imbrattandomi tutta la maglietta del concerto dei Depeche Mode, dove ero stato con Marianna pochi mesi prima. Dovevo staccarmi e respirare. Con le mani feci pressione sulle sue natiche pelose, quasi ad implorarlo Mossosi forse a pietà, mi concesse qualche istante per tossire, respirare. Ma mi riafferrò subito. Prese a stantuffare con una rabbia che quasi mi spaventò, sembrava posseduto. Non solo mi spingeva la testa verso l’inguine, ma spingeva con potenti colpi le anche in avanti. Mi stava letteralmente scopando la gola. A quel punto il mio naso finiva ritmicamente nella foresta dei suoi peli pubici. Tentai di ...
... guardare in alto, oltre l’addome peloso. E per un istante intravidi la sua faccia stravolta dal piacere, mormorava delle frasi incomprensibili, ad occhi chiusi. E poi, all’improvviso, mi incollò la faccia all’inguine con una tale pressione che immaginai la sua cappella assestata nel mio esofago. Un rantolo, una voce talmente profonda e cavernosa da sembrare non umana, chissà quali bestemmie in arabo. E poi la liberazione, dalle sue palle al mio esofago. Mi tenne lì costretto per circa un minuto, per liberarsi completamente, e farmi bere tutto, fino all’ultima goccia. Poi, appena venuto, con le mani allontanai la mia testa dalla sua proboscide, che fuoriuscì centimetro dopo centimetro, fino a scivolare via dalle mie labbra e ricadere sul suo pube. Risollevò i pantaloncini, la zip, si girò e se ne andò, sparendo oltre i cespugli.
Io restai per un minuto o forse due in ginocchio, tremante e tutto zuppo, di saliva e altri umori. Ero venuto, senza toccarmi.
“Ma le sigarette le sei andate a prendere a Torino ? Dove sei ? Davide ? Ma che cazzo fai lì in ginocchio ?”
Alzai lo sguardo, e controluce vivi mio padre, sconcertato, di fronte al proprio figlio inginocchiato a terra, i capelli castani tutti scompigliati, la t-shirt e il costume bagnati. .