1. Regalo di natale di un trasportatore di carbone - 2


    Data: 07/04/2019, Categorie: Gay / Bisex Autore: adad

    ... crema.
    
    Rimasi a fissarlo meravigliato: questo era ancora più selvaggio di qualsiasi sogno bagnato che avessi mai avuto su di lui. Ero nel giardino dell’Eden!
    
    “Secondo me, non vedi l’ora di venire a casa mia.”, fece lui e continuò a parlare, mentre guidava verso casa.
    
    ”Sono stato a guardarti, - mi disse – e ho capito che tu e io eravamo della stessa idea. Ho pensato che mi saresti stato riconoscente, così ho deciso di darti una possibilità.”
    
    Durran viveva in una capanna di assi lontano dalla via principale, in cima a una sudicia stradicciola chiamata “Wild Run Road”.
    
    Era costituita da un’unica stanza, con un letto, una stufa a carbone, un lavello e… un gabinetto esterno, nella parte dietro, a una decina di metri.
    
    “Siediti, mentre mi do una ripulita.”, disse.
    
    Mi sedetti sul divano, intanto che lui si toglieva i vestiti luridi di carbone. Non appena fu nudo, ebbi un’altra erezione: Durran era lì, grandioso come un Gladiatore Romano, cosparso di fuliggine, di polvere, di sudore. Un sudiciume nero gli copriva la faccia, tranne gli occhi, ripuliti a furia di passarci le maniche della camicia. L’onnipresente polvere di carbone era penetrata dappertutto, anche sotto i vestiti: il petto ne era ricoperto e la nera velatura pelosa era striata dai rivoli di sudore.
    
    “Aspetta che mi lavo.”, borbottò.
    
    “Oh, no! – gridai allora – No, amico, voglio sentirti così, tutto lurido e sporco!”
    
    Mi alzai, quando lui si avvicinò al letto e mi prese fra le sue ...
    ... braccia. Dio, era un enorme, sudato, lurido, puzzolente maschio, coperto dall’onesto sudiciume del suo lavoro e con una mazza simile ad una bottiglia di birra in mezzo alle gambe!
    
    Mi distese per terra, su un plaid, e appena mi resi conto delle sue intenzioni, spalancai le gambe. Lui mi afferrò i calcagni, allargandoli al massimo, poi mi sollevò i fianchi e si agganciò le mie caviglie sopra le spalle.
    
    Ero così eccitato, che facevo fatica a respirare. Strusciandomi addosso, il suo corpo mi sbavò tutto col suo sudiciume e la sua puzza. Quando sentii quell’enorme batacchio premere sulla mia apertura posteriore, sussultai, e lanciai un urlo, allorché cercò di spingerlo dentro il mio minuscolo buco.
    
    “Unh! Unh! Unh! Non c’è nessuno che ti sente gridare, qui!”, grugnì lui, mentre quell’impossibile arnese continuava a piantarmisi nel culo.
    
    Allorché finalmente la sua cappella mi ebbe forzato l’anello, il resto scivolò dentro più agevolmente: non dico ‘tranquillamente’, perché in realtà soffrivo in modo atroce, ma più agevolmente del sacrificio umano che uno si sarebbe aspettato alla vista dell’enorme cappella che cercava di spingersi dentro.
    
    Poi lui si mosse, lentamente all’inizio, ma presto accelerando, facendo così capire che era ormai sul punto di venire. Appena mi resi conto che il suo detonatore era innescato, allungai le mani e gli pizzicai i capezzoli, imbrattandomi tutte le dita di fuliggine e di sudore. Quando venne, il dolore che ne ebbi fu grande, ma magnifico, ...