Il mio Adamo nero
Data: 08/04/2019,
Categorie:
Etero
Autore: miriana
... giungeva la sua voce, mi fece dubitare che avesse lasciato la porta del bagno un po’ aperta. Curiosa, con movimenti da guardona, andai a spiarlo. Anche la tendina della doccia era aperta. Si stava insaponando dandomi le spalle. La bellezza scultorea del suo corpo nudo, mi diede subito intensi fremiti di piacere, tali da causarmi perfino un gemito, rumore che lo fece voltare sorpreso, ma non così tanto da perdere il suo buon umore. “ Come …! ” disse, facendomi segno di avvicinarmi e di porgergli la tazza; cosa che io feci senza avere la forza di distogliere lo sguardo dalla proboscide spettacolare che gli pendeva davanti, dall’inguine; un’appendice così lunga e grossa da non credere che potesse certo appartenere ad un essere umano. Arrivava a metà coscia da moscio, pertanto, era prevedibile che duro si sarebbe esteso fino al ginocchio. Mi spaventava il pensiero che anche soltanto una piccola porzione di quel mostro, potesse adattarsi alla mia vagina, con la possibilità, se avesse spinto con maggiore ardore, di squartarmi, o di devastarmi in un modo irrimediabile l’utero. Dopo avergli dato la tazza, irresistibilmente, avvertii il desiderio di tastare con mano quell’essere innaturale, farlo crescere in tutta la sua maestosità, per poi infondergli la vita, illudendomi che non sarebbe mai più ritornato nella precedente fase di stasi. Quando la bramosia sessuale mi invade, agisco spontaneamente, senza alcuna remora, lasciando che il mio corpo si adatti con ogni sua parte ...
... all’oggetto del desiderio che mi sta davanti. Dopo le mani, anche la bocca fu attratta dal suo pitone già in avanzata fase di risveglio, e conseguentemente, preda della mia lingua, che andava dalla sua attaccatura al ventre e poi giù, piano, fino a lambirgli il glande, ormai tosto come una biglia da bigliardo. Azione che ridestò d’impeto la mia innata propensione al masochismo, al sacrificio, per la soddisfazione del padrone di quell’enorme palo torturatore, quel mostro carnale dal quale ambivo farmi sbranare al più presto. Quando avevo iniziato a succhiarlo, Kamdy, s’era immobilizzato, lasciando a me la possibilità di agire come meglio credevo. Soltanto i suoi intensi gemiti lasciavano intuire la sua presenza, che ben presto si tramutò in abbondante liquido bianco profumato, spontaneamente sgorgato dalla punta del suo pene, con tale violenza da macchiarmi la vestaglia, indossata quando mi ero alzata, e le mattonelle sul muro al mio fianco. “ Un’infinità di bene naturale sprecato … ” pensai, egoisticamente. “ Avrei potuto gustare io tutta quella delizia ” mi dissi, intimamente rammaricata. “ Ora, non avrà più voglia …! ” giunsi avventatamente alla conclusione, mentre, senza dire una sola parola, me ne tornavo in camera, eccitata all’inverosimile, ed allo stesso tempo, delusa per essere andata in bianco. Un attimo dopo, si aprì la porta della stanza e apparve lui, Kamdy, in tutta la sua mirabile nudità, bello come un dio della mitologia greca, affascinante come il Davide di Donatello, ...