Il mio Adamo nero
Data: 08/04/2019,
Categorie:
Etero
Autore: miriana
Dopo le mie ultime vicissitudini, avevo deciso di prendermi un periodo di riposo sessuale e conseguente ristoro fisico, praticando qualche leggero esercizio ginnico ed un po’ di corsa intorno al parco della città in cui vivo; un vasto spazio alberato proprio al centro, un tempo, frequentato esclusivamente da anziani e famigliole con bambini, ora, da spacciatori ed extra comunitari, soprattutto di carnagione scura. Erano già diversi giorni che, mentre correvo nel tratto delle fontane, avevo notato uno di questi sdraiato su una panchina, sempre nella stessa posizione, con gli occhi chiusi, come se stesse dormendo. La cosa che mi diede da pensare, fu la sua eccessiva immobilità, come se nemmeno respirasse. Al terzo o al quarto giro, decisi di avvicinarmi, tanto per accertarmi meglio delle sue condizioni e, se fosse stato necessario, anche chiamare i poliziotti o magari il pronto soccorso. Mentre l’osservavo, il tipo apre gli occhi e mi fa un bel sorriso, mostrando la sua meravigliosa dentatura bianca come il latte. “Ah, sei vivo allora …?” mi venne spontaneo chiedergli, ottenendo come risposta un altro sorriso da favola. Poi, subito dopo: “Kamdy ... ” scandì lentamente, lasciandomi intendere che non parlava la mia lingua. “ Ok ” dissi prima di riprendere a correre, leggermente mortificata per non conoscere sufficientemente l’inglese. Tornata a casa, sfogliai il dizionario di Italiano inglese per tradurre l’espressione del nero, ma niente, e nemmeno col computer. Il giorno ...
... dopo, il bel moretto, si era seduto sulla panchina accanto alla fontanella comunale, e guardava intorno sorridendo indifferentemente ai bambini che si dissetavano o a qualche anziano che passava di lì senza fretta. Quando giunsi alla sua altezza: “ Bay, Baby …! ” mi salutò, con entusiasmo, lanciando uno dei suoi calamitanti sorrisi avorio puro, motivo che mi costrinse a fermarmi ed a sorridergli con la stessa intensità, curiosa inoltre di sapere cosa intendesse dire con la parola espressa il giorno prima. “ Mi dici che significa Kamdy? ” gli domandai, sperando che masticasse un briciolo di Italiano. “ Yes, Kamdy …, it’s ” mi rispose, toccandosi il petto, lasciandomi frastornata per non aver compreso prima che quello era il suo nome. Lui capì subito il mio imbarazzo e per non farmelo pesare, mi indicò la fontanella mimando con la mano un bicchiere portato alla bocca. “ Okay …! ” accettai, mostrando il chiosco poco più avanti, dove, qualche volta, avevo comperato un gelato. Lui si rattristò subito e, a malincuore, mostrò le fodere delle tasche dei pantaloni, vuote. Stavo per dirgli che avrei pagato io, ma temendo che tanto non avrebbe capito, lo presi sottobraccio e m’incamminai con lui verso il piccolo bar gelateria del parco. Io, prendo una coca, e tu? ” gli chiesi, dimenticando che lui non avrebbe capito. Invece. “ Coca? Yes, coca for me ” aveva chiesto, elargendomi l’ennesimo sorriso. Mentre sorseggiavamo la bevanda, una bimba insieme a sua madre, avevano ordinato un toast ...