1. Promiscuità - parte 4


    Data: 15/04/2019, Categorie: Etero Autore: HegelStrikesBack

    C’è chi dei “nonostante” e dei “malgrado” ha fatto una bandiera, un inno personale, una carriera con una canzone fortunata o un mantra di vita.
    
    Dovrei cominciare a farlo anche io perchè nonostante il bel risveglio pigro e ozioso, malgrado la bella giornata di sole, mi è bastata la nuova foto-profilo di Nicolò a fottermi la giornata.
Eccolo lì con la bella mora dagli occhi inespressivi che è guest-star di ogni suo notturno e musa ispiratrice delle canzoni che ormai tante radio passano con frequenza: Elena.
    
    Lo scenario è quello di casa loro, ne sono certo, ricordo la carta da parati a righe bianche e nere del corridoio: Nico fa il poser arruffandosi i capelli con la mano sinistra, nella destra regge una sigaretta e un bicchiere di prosecco. Lei, cappotto con maniche di pelle nera, fissa vacua se stessa riflessa in uno specchio e nel display retroilluminato del suo iPhone nero.
    
    Nonostante la mia filosofia di vita me lo impedisca, ho un riflesso incondizionato e per un secondo la odio.
    
    La odio come quando la briciola di pane ti si incastra tra i denti e con lo stuzzicadente di un pensiero bello e positivo adesso la devo rimuovere.
La odio perchè per un attimo al posto suo, in quella foto, avrei voluto esserci io.
    
    Questo sabato comincia veramente di merda.
    
    Mi vesto, più random che casual, ed esco a fare due passi.
    
    La cosa che amo di più di Milano è che, in quartieri come il mio, dove dalle borse di Hermes spuntano copie del Manifesto e dell’Europeo, se ti ...
    ... vesti da homeless con convinzione potresti addirittura sembrare un amico di Franca Sozzani.
    
    E così, con i pantaloni della tuta e il cappotto nero di Hugo Boss mi incammino senza meta verso un cielo che per ora non promette niente di nuovo.
    
    Ma siccome l’imprevisto è l’unica speranza, come diceva saggiamente Montale, rispondere pacato alla telefonata di Giorgia è l’unica cosa che posso fare per provare a far sì che che questo cielo azzurro con striature bianche che mi fa da tetto non faccia a cazzotti con il mio umore che sa di nebbia fitta.
    
    “A pranzo? Sì, certo che sono libero. Dove ci troviamo? Alla Terrazza Aperol in Duomo. Va bene, allora facciamo alle 13:15 che passo a casa a cambiarmi. Non puoi capire come sono conciato. A dopo.”
Rido per non piangere, ma va bene così e anzi, tornando a casa canticchio pure.
You should be dancing dei Bee Gees. 
Sì, lo so. Nessuno me l’ha chiesto ma mi andava di dirlo.
Il Tommi (perchè se non metti l’articolo determinativo davanti al nome, a Milano sei solo un giargiana) sembra avere tuttavia un sesto senso per l’apparire nella mia vita nei momenti meno opportuni.
    
    E infatti ci incontriamo lungo le scale.
    
    “Ma guarda chi c’è… il nostro latin lover di quartiere!”
    
    “Abbassa la voce, Cristo, che ci sentono tutti”
    
    “Allora com’è andata con la Chef [censura] ieri sera?”
“Bene, tutto nella norma”
    
    “Nella norma che te la sei trombata?”
    
    “Tommi, se anche la signora Guido non sa tutti i cazzi miei io sono comunque contento ...
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