1. Villaggio di houer capitolo 4


    Data: 15/10/2017, Categorie: Gay / Bisex Autore: prossi, Fonte: Annunci69

    ... verghe, no?”
    
    Deglutii ma le parole non mi uscirono, allora mi limitai ad annuire.
    
    “Vai e prendine una.”
    
    Sapevo dove il signor padre conservava le verghe, in un cassetto della cucina. Mi toccava recarmi a prendere io stesso l’oggetto che mi avrebbe offeso, segnato e maltrattato. In corridoio trovai i miei fratelli ad aspettarmi. Non si aspettavano che fossi già uscito. Scossi la testa come a dirgli che non era finita anzi non era neanche cominciata. Li passai a testa china e varcai la porta della cucina. Nel cassetto c’erano quattro verghe. Le osservai attentamente, erano diverse nell’impugnatura, nella rigidezza e nel materiale e mi chiesi quale fosse la più conveniente per me. Ce n’era una diversa dalle altre, più morbida, e la impugnai. Sembrava a guardarla che non fosse in grado di fare molti danni e decisi di portare quella.
    
    Era curioso impugnare e portare la verga per offrirla al mio boia.
    
    “Mark – disse greve il signor padre - questa verga è per le bambine che hanno una pelle delicata. Vai e prendine un’altra.”
    
    Ci avevo azzeccato nel ritenere quella la verga meno dannosa, ma il signor padre non aveva abboccato e, soprattutto, mi sopravvenne la paura di averlo inutilmente e dannosamente provocato con la mia scaltrezza e che per questo potesse punirmi magari battendomi più forte. Ritornai indietro e durante il breve tragitto pensai che non era stata proprio una bella idea quella di tentare di fregare il signor padre e nel desiderio di calmare ...
    ... l’eventuale sua irritazione impugnai la verga più paurosa sperando che pietosamente comprendesse la mia buona fede e mi infliggesse colpi più leggeri.
    
    La porsi al signor padre il quale stette a guardarla fissamente per qualche secondo, quasi stupito, mi guardò perplesso per poi annuire.
    
    “Va bene, Mark, hai scelto bene questa volta.”
    
    “Mark, avvicinati” mi disse la signora madre sedendosi sulla sedia imbottita. La gonna, larga e lunga, le copriva totalmente le gambe delle cui cosce accoglientemente allargate si intravvedevano le forme impresse nel tessuto. Quando gli fui vicino ella mi tirò a se senza delicatezza, ma senza cattiveria, introducendomi in quel varco solo per il tempo necessario perché mi sollevasse il maglione e tutti gli altri indumenti che coprivano il busto fino al petto e mi chiedesse di trattenerli lì. Presi i lembi del maglione e degli altri indumenti con le mani e li sollevai fino alle ascelle rimanendo a pancia scoperta la cui pelle investita dall’aria fredda per qualche attimo rabbrividì, ma non era l’aria gelida della nostra camera da letto, quella mia e di Joshua, ma l’aria resa più tiepida dal fuoco del camino.
    
    La signora madre allora prese a sciogliere la cintura dei miei pantaloni, qualcosa in più di un semplice laccio a dir la verità, e nel guardare la diligenza con la quale operava fui travolto da un sospetto:
    
    “Perché mi scioglie il laccio dei pantaloni?”
    
    Ella riuscì facilmente nell’impresa di sciogliere quel laccio maledettamente poco ...
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