1. Lo stupro dei pescivendoli


    Data: 19/06/2019, Categorie: Prime Esperienze Autore: Abidibbi

    ... visite di psicologi e altri medici. Con uno di loro, uno psicologo di qualche anno più vecchio di lui, è entrato in confidenza. Erano diventati amici quando avevano revocato il permesso ad un mimo austriaco completamente asociale, che aveva preso a male parole lui e il dirigente e poi aveva fatto tutti i ricorsi possibili, arrivando fino alla Commissione Europea dei Diritti dell’Uomo, senza ottenere nulla. Il tipico “stronzo”, nel linguaggio dell’ufficio. Con l’andare degli anni inventò modi di approccio più morbidi, con i quali aveva potuto comporre un suo rosario di avventurette che potevano bilanciare almeno nella sua fantasia le sconcezze che la moglie si faceva fare dai suoi drudi. Accadde poi che una delle sue “vittime”, una arpista polacca cui erano rimasti sei denti, lo riconobbe in un ristorante e lo rimproverò pubblicamente della sua condotta usando le parole più volgari che conosceva e delle incomprensibili, ma certo non amichevoli, espressioni in polacco, e tirandogli in faccia le sue mutande sporche che, chissà come, aveva nella borsa. Erano ancora i tempi che scopava la moglie. Erano usciti con una coppia di amici scambisti e, dopo l’interruzione, la serata finì a casa loro, tutti un po’ sopra le righe in seguito all’accaduto. Le donne, toccate ambedue dalla pinguedine, ammanettate fra loro e alla testiera del letto, con addosso redini, collari e altri finimenti di cuoio nero, calze a rete da cui sporgevano grasse vulve rasate a zero, gridavano gli stessi ...
    ... insulti sentiti al ristorante, annusavano come cagne le mutande sporche che sua moglie non aveva mancato di raccogliere da terra e infilare in borsa, si masturbavano fra loro, i cazzi tornavano subito duri e gli orgasmi si succedevano. Il giorno dopo non sfuggì a nessuno, sulla cronaca locale del resto del Carlino, che l’arpista, tre ore dopo, si era impiccata ad un gancio di un trave nel soffitto di una stanza dove un prete le aveva permesso di rifugiarsi. Lui si preoccupò di essere riconosciuto in qualche modo responsabile dell’accaduto, dato che in quella stanza c’erano di sicuro altre sue tracce. Chiese allo psicologo, occasionale compagno di un po’ troppe merende, di inserire una annotazione retrodatata di “anamnesi familiare positiva a disturbo bipolare. Alcuni familiari con tentativi di suicidio, non riscontrabili nel soggetto, che si presenta senza sintomi” nel suo dossier, come aveva fatto lui altre volte per creare un problema che lo psicologo potesse risolvere, e dargli occasione di intrattenersi a lungo con la persona interessata. In questo modo avevano potuto “fare un favore” all' arpista polacca, che nel tempo libero ricambiava togliendosi le mutande davanti allo psicologo, uomo basso e pelato, con una barba curatissima, pizzicando il suo nervo e traendo qualche rantolo dal quel corpo di sessantenne. I documenti, perfettamente coerenti, vennero acquisiti dagli inquirenti e il caso fu chiuso in tre giorni. Venne un ispettore in borghese a raccogliere gli elementi del ...
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