1. Sinti


    Data: 03/07/2019, Categorie: Etero Autore: rasss, Fonte: Annunci69

    E’ un’estate torrida.
    
    Le lancette dell’orologio segnano le tre del mattino. Ciononostante, nel mio appartamento si muore di caldo. Sperando che fuori sia più fresco, con la scusa di buttare la spazzatura nei cassonetti collocati vicini al parco del mio quartiere, esco per fare una passeggiata.
    
    Giunto in prossimità dei cassonetti noto la luce di una torcia che illumina l’interno di uno di questi.
    
    Capisco che è qualche rom che di notte va a rovistare nella speranza di recuperare qualcosa di ancora utile.
    
    Non mi faccio problemi e mi avvicino per buttare il mio sacchetto di spazzatura.
    
    Il “cercatore” è una ragazza rom.
    
    Chiedo permesso per gettare il mio sacchetto.
    
    La ragazza si gira verso di me. Ha circa trent’anni, davvero molto bella, alta, carnosa, con lunghi capelli neri raccolti in una morbida treccia.
    
    È vestita con una gonna di cotone amaranto, aderente fino al ginocchio, e una maglietta bianca che lascia intravvedere due enormi tette sudate, sode nonostante fosse evidentemente senza reggiseno.
    
    Devo essermi soffermato qualche momento di troppo sul suo generoso décolleté, perché mi rivolge bruscamente la parola chiedendomi cosa avessi da guardare.
    
    Le rispondo di stare calma e che mi ero solo soffermato a pensare perché una ragazza così bella si ritrovava a rovistare in un cassonetto, per di più in piena notte, invece di starsene con il suo fidanzato.
    
    Mi risponde, di farmi gli affari miei e di andarmene a fare in culo. Ricambio la sua ...
    ... cortesia invitandola a recarsi nello stesso luogo ameno.
    
    Mi giro e riprendo la mia passeggiata. Dopo pochi passi, la ragazza mi chiama. Dice di volersi scusare perché è stata maleducata.
    
    “E va bene” – penso – “eccheppalle, ora mi batterà sicuramente soldi”.
    
    Invece, mi dice se mi va di restare per fumare una sigaretta insieme a lei. Ovviamente non ne ha. Sono io che devo offrire.
    
    Ci sediamo su una panchina che si trova lì vicino, nascosta da una siepe.
    
    Do fuoco alla paglia che ha in bocca. La fiamma le illumina il viso nel buio della notte. Non è solo bella.
    
    È proprio un gran pezzo di fica.
    
    La ragazza non parla, ma mi guarda sottecchi. Allora, dopo qualche boccata di fumo, sono io a rompere il ghiaccio. Le chiedo come si chiama. Mi risponde – secca – “Alexuta”. Poi continua e mi dice che gli amici la chiamano Alex, perché Alexuta è un nome di merda, e che un fidanzato non ce l’ha.
    
    “Quindi – le chiedo – come devo chiamarti?”.
    
    “Alex, va bene”, dice lei.
    
    “Perciò siamo amici?”.
    
    Mi risponde che i miei sono stupidi sillogismi e, in ogni caso, che dipende.
    
    “Dipende da che?”, chiedo io.
    
    Non risponde alla domanda, ma inizia a parlare e mi racconta di essere arrivata in Italia quando era ancora bambina e che nonostante i grandi sacrifici suoi e della sua famiglia non è riuscita mai ad emanciparsi dalla propria condizione. Ha studiato e si è perfino laureata in lettere, ma nessuno è stato disposto ad offrirle l’occasione di redimersi.
    
    Mi chiedo se sia ...
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