Marilde 02-06 - lavori in corso
Data: 15/07/2019,
Categorie:
Etero
Autore: Alex46
Il giorno dopo, altra lettera copiata, questa volta come primo attore non Leo, bensì la stessa Debra. Anche questa lettera si riferisce ai primi tempi della loro storia.
«Il freddo della notte non riusciva ancora a indurire quei laghetti, quelle pozzanghere che per tutto il pomeriggio al poco frequente passaggio delle automobili avevano sciacquato i lati ghiacciati della strada: la zuppa di ghiaccio si squagliava sotto i piedi come una granita marcia, dove i piedi affondavano in una colla di pensieri che fanno fatica a definirsi.
Debra entrò in casa sua, con un sospiro di sollievo. Le era parso che la sera non finisse più, un’eternità da quando era uscita per incontrare quelle persone che l’aspettavano. Aveva messo a dormire Pietro, il figlio di sua sorella, che sembrava essere un po’ agitato ma non aveva fatto grandi storie, poi si era cambiata senza piena coscienza di se stessa, a metà tra il dovere, che sentiva forte e giusto, e la voglia di ribellarsi, che sentiva forte e sbagliata. Poi era uscita, aveva sorriso, aveva fatto ospitalità, aveva messo a loro agio alcuni e speso energie per altri.
Rientrando in casa, la giornata si chiudeva su di lei, che era impaziente di vedere i familiari spazi chiusi e la solitudine con se stessa finalmente avvolgerla, proteggerla anche. Finalmente poteva parlare con il proprio cuore, l’unico interlocutore veramente sincero, l’unico amico al quale affidare le proprie debolezze.
Cavatasi le scarpe un po’ umide, sbirciato sul ...
... fax per eventuali tardivi messaggi, Debra accese la luce in cucina, poi il bollitore. E mentre pensava a quale tisana le sarebbe piaciuto affidare la propria voglia di carezze, lo sguardo le cadde su una busta con tanto di francobollo. Era una busta bianca del tutto anonima, però il suo nome e il suo indirizzo erano ben chiari e lasciavano poco spazio alle interpretazioni. La lettera veniva da Milano.
Un tuffo al cuore la colpì in pieno petto, perché certo non l’aspettava. Così presto, poi... Era senza mittente, ma non ce n’era bisogno. Anche il postino aveva capito, perfino alla mamma, mentre appoggiava la lettera, era caduta un po’ di cenere di sigaretta sulla superficie pulita del tavolo: che era rimasta lì, vicino alla busta.
Debra decise di non aprirla subito.
Meglio bersi con calma la tisana, poi ritirarsi di sopra, gustarsi quell’attesa di fascino e mistero. Mentre sorseggiava la bevanda, caldi scrosci di liquido le entravano dentro e si mescolavano, sprigionando ulteriore calore, a quegli scompensi interni che di solito sono chiamati «tuffi al cuore» ma che invece dovrebbero essere chiamati in altro modo. Ciò in quanto il tuffo parte sì dal cuore ma poi l’acqua, spostata dal corpo che cade, provoca onde che raggiungono il centro della pancia e proseguono fino a rivoltare come un calzino le nostre profondità. Se in quel momento l’amato e l’amata fossero lì assieme si abbraccerebbero e si abbandonerebbero a questo tuffo in comune.
Ma Debra era sola e confusa. ...