1. "E dire che ti odiavo" parte 4


    Data: 21/07/2019, Categorie: Etero Autore: Isabella91, Fonte: EroticiRacconti

    I giorni che seguirono sembrarono volare. Realizzai solo a distanza di una settimana dalla fine del tirocinio che non avrei più visto Riccardo, non mi sarei più alzata la mattina così volentieri. Avrei solo potuto sperare di incontrarlo per caso in ospedale, al bar, lungo il corridoio principale. Evento statisticamente improbabile, ne ero consapevole. Quando mancavano tre giorni, sempre senza guardarmi direttamente negli occhi, Riccardo mi disse: “E quindi te ne vai”. “Sì”, risposi mestamente. Lui non aggiunse altro. Gli sfioramenti, con ogni scusa, erano diventati quotidiani. Ad ogni sua battuta seguiva una mia piccola spintarella di scherno. Sistemando le lenzuola dei pazienti cercavamo le nostre reciproche mani per uno scontro casuale. La tensione tra i nostri corpi era bruciante. Mi sembrava di impazzire. Arrivò l’ultima notte. L’indomani ci saremmo salutati con quello che, probabilmente, sarebbe stato un addio. Ero triste, attanagliata da un senso di irrisolto, il petto sconquassato da una passione intrappolata. Restammo da soli pochi minuti. Era buio, la solita tv accesa. Sentivamo i nostri respiri irregolari. “Il giudizio te lo preparo la prossima settimana. Dovrò farti tornare qui a firmarlo”. Mi guardava negli occhi, pronunciando le frasi lentamente. Io sentii un fremito. La mattina arrivò prestissimo. Mi fece dare le consegne. Era tutto finito. Mi sentivo in preda al disorientamento, alla stanchezza, alla mancanza di lucidità. Eravamo in mezzo a tutti. Il personale ...
    ... della notte e quello del cambio della mattina. Mi abbracciò nel caos. “Stammi bene, Isabella. Sei davvero una brava infermiera. Non cambiare mai”. Avrei voluto dirgli un milione di cose. “Grazie per tutte le cose che mi hai insegnato, per la fiducia”. Non aggiunsi altro. Indugiai sulla porta. Mi fermò come se si fosse improvvisamente ricordato qualcosa. “Aspetta”. Strappò un pezzo di carta e prese una penna. “Questo è il mio numero. Scrivimi quando inizi nel reparto nuovo. Così vediamo quando farti passare a firmare, in base ai turni. Fila a casa a dormire, adesso”. Me ne andai. Altro che andare a dormire. Sentivo le mani tremare, il cuore battere forte. Mi fermai al bar e mangiai due brioches. Cercai di calmarmi. Avrei dovuto aspettare due giorni prima di scrivergli. Di certo non l’avrei fatto se non per quella motivazione professionale. Sarebbe stato davvero inopportuno. Dentro fremevo. Non era finita, non poteva esserlo. C’era ancora un filo, un contatto, un pezzetto di tempo per vederlo ancora. Durante quei due giorni recuperai il sonno, ne approfittai per fare le lavatrici. Ero elettrizzata, guardavo con insistenza il telefono come se attendessi un messaggio, stupidamente, dal momento che ero solo io ad avere il suo numero. Finalmente arrivò il giorno. Finii in chirurgia, primo turno di mattina. Gli scrissi prima di uscire di casa. Un messaggio semplice, formale. Mi rispose subito. “Ti aspetto a metà mattina. Sono di turno”. Chiesi in reparto di potermi assentare dieci ...
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