1. A - p - o - c - a - l - i - s - s - e - atto primo - l'inferno dei viventi


    Data: 28/07/2019, Categorie: Gay / Bisex Autore: CUMCONTROL

    Riuscii a scappare.
    
    Bisogna che talvolta la bobina si riavvolga per ripartire da un basta.
    
    Dissi basta. Dal girone io volli uscire.
    
    Basta.
    
    Raccolsi i cocci del mio orgoglio e riuscii a scappare. Abbandonai la dimora molesta del mio maligno compagno. Le botte, gli sputi, l’egoismo e l’arbitrio. Nessuno di noi avrebbe accetto ad oltranza tutto quell’abominio. Mi feci forza, raccolsi le mie povere cose che infilai nello zaino e mi incamminai quando non era ancora l’alba, sotto un temporale deflagrato in una notte cupa e che sui quei luoghi pareva riversasse tutte le acque del mondo.
    
    Discesi il monte tagliando per i boschi, nel buio fitto e con indosso il terrore dei cinghiali. Capitombolavo e scivolavo maldestramente su un fogliame liquefatto. Ogni metro di discesa era per me la conquista del naufrago. Nella discesa, e dentro il mio cuore, si dischiudevano le porte galere del graziato da una sicura condanna.
    
    L’emozione nel cuore roboava all’unisono al fragore di quelle grandi acque, e nel buio di quella notte nel bosco, nella corsa affannosa della mia liberazione, io vidi tutta la bellezza del mondo che in sé si realizza. Rivelazione. Rivelazione celeste del miracolo che si avvera.
    
    Tra i boschi, sotto l’acqua che violentava le foglie, io metro dopo metro avanzavo lontano dai concentrici gironi di una dannazione recente. Era finito tutto. E per mano mia. Nonostante nella bocca serpeggiasse ancora lo sperma di sconosciuti, fatto versare per Suo piacere, ...
    ... ultimo atto ingiusto che io concedevo a quell’uomo, immolandomi ancora a beneficio di un dio caprone.
    
    Dal folto degli abeti vidi schegge di luce aranciate provenire dal piccolo abitato sdraiato nella valle. Vidi poi le guglie modeste della piccola chiesa. Arrestai la corsa obliqua su foglie e aghi liquefatti, per vedere sotto la pioggia la bellezza di quel nugolo di case sdraiate ai miei piedi, silenzioso, addormentato, e persino i cani nei cortili tacevano udendo forse con me il fragore di grandi acque. Vibrava la tenue luce pendula dei pochi lampioni, affissi e oscillanti in mezzo alla via fra case di pietra e cosparse di muschio.
    
    Mi persi in una risata nervosa e tra gli spasmi di un sorriso nervoso, io esalavo sotto il diluvio tutto il vapore spermatico dei bovini ai quali la mia bocca s’era prestata, proprio nel giorno del mio compleanno.
    
    Era quello il regalo del mio uomo. Mi feci serio. Era quello. Salvo poi sparire in camera con alcuni di essi.
    
    Oh sì, lo sentivo gemere. E che male al cuore sentire la spalliera del talamo che fu solo il nostro talamo al tempo dell’amore. Quel talamo, quella spalliera di legno che udii battere ritmico contro il tramezzo che ci separava, procurò una ferita insanabile nel mio cuore malato. I colpi a turno gli sfondavano il ventre, così come i colpi a turno sconquassavano la mia gola ad opera sconosciuti. A due passi da me, oltre la tramezza battente, si compiva il suo delitto.
    
    Era per me. “Ti piace, eh? Ti piace?” mi ripeteva ...
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