1. Come parlarne?


    Data: 21/09/2019, Categorie: Feticismo Autore: VB1977, Fonte: EroticiRacconti

    Avevo solo sette anni quando la conobbi. In realtà conobbi per prima sua sorella Barbara, di cinque anni più grande di noi. Fu lei a presentarmi Debora. Era passato circa un mese da quando la mia famiglia si era trasferita in quel quartiere, mentre il suo trasferimento era invece avvenuto solo due giorni prima. Io provenivo da una cittadina a circa cinquanta chilometri da lì, loro provenivano da quello che per me era il lontanissimo Belgio. Non sapevo neanche dove si trovasse il Belgio, né che lingua si parlasse. Sapevo solo che si trovava da qualche parte in Europa e che la lingua era per me incomprensibile. Nonostante ciò le due sorelle parlavano italiano in modo accettabile e comprensibile, anche se con un dizionario ristretto e con un accento straniero molto forte, questo in quanto figlie di madre italiana e di padre inglese. I due erano in Belgio per lavoro, quando le loro vite si incrociarono. Lui era già molto ricco allora, ai vertici di una multinazionale molto importante. Si trasferirono in Italia per l’apertura di una nuova filiale qui da noi. Era il periodo nel quale le persone partono per le ferie. Noi invece le ferie le passammo a conoscerci ed esplorare un posto sconosciuto e immerso in una cappa di caldo che sembrava averlo reso immobile e disabitato. Poi arrivò settembre e con esso l’inizio delle scuole, ma soprattutto il bullismo. Io e Debora eravamo in differenti sezioni. Avevamo a che fare con bulli diversi, che tuttavia ci avevano marchiato con lo stesso ...
    ... appellativo, quello di stranieri. Non racconterò di dispetti e angherie. Ce li portammo avanti fino alla quinta elementare e in parte alle medie. Ma furono proprio essi a cementare la nostra amicizia. Durante quel periodo difficile, imparammo a raccontarci tutto, condividendo pensieri e opinioni e soprattutto trasmettendoci reciproca fiducia, cosa che in quel quartiere scarseggiava. Alle medie ci ritrovammo nella stessa classe. La vidi slanciarsi verso il cielo, bella come una cattedrale ottocentesca appena terminata. Al contrario le mie gambe sembravano non sapere che si sarebbero dovute allungare. I bulli smisero per entrambi l’appellativo di stranieri, dando a lei della pertica, o della giraffa e a me, più semplicemente, dello sfigato. Ma i toni verso di lei erano cambiati. Alcuni ragazzi mostravano interesse per i suoi capelli neri e non solo. In quel momento, iniziai a temere fortemente che la nostra amicizia si rompesse per qualche ragione. Per me lei era l’unico punto fermo nella vita, non potendo io contare sui miei genitori, che sembravano avere come obiettivo unico, mettermi del cibo in bocca e un tetto sulla testa. Al contrario la famiglia di Debora era sempre presente nella sua vita. Mentre io guardavo il mondo timido e insicuro, lei era tutto il contrario, supportata da una famiglia che oltre a soddisfare i suoi bisogni naturali, la amava e la proteggeva. E forse era proprio l’amalgama tra i membri della sua famiglia a permetterle di scoprire i miei stati d’animo. ...
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