1. Storia breve


    Data: 13/12/2019, Categorie: Lesbo Autore: Ofelia_e_Cassio

    I due pullman si fermarono davanti all’albergo. Era una costruzione invecchiata male, palazzone nato anonimo; ora gli insulti del tempo mettevano in risalto la sua natura di casermone suburbano. Un modesto albergo di periferia insomma, buono per tasche leggere, per gente poco esigente, per studenti in gita scolastica appunto. Da quei due pullman, una sera di maggio inoltrato, gli studenti dell’ultimo anno di un liceo di M e alcuni dei loro insegnanti, sciamarono accaldati e stanchi, dirigendosi al bar dell’albergo. Una volta che la giovane masnada fu ristorata cominciò per la professoressa di matematica l’ingrato compito di organizzare le pratiche di registrazione alla reception, aiutata in questo da un vinto ma poco convinto annoiato collega.
    
    La prof. di matematica era una donna dall’apparenza anonima; non si poteva di lei dire che fosse brutta, ma non promanava da essa alcun segnale che non fosse convenzionale e prevedibile.
    
    Sembrava in realtà possedere tutte quelle doti che rendono una persona gradevole, ma a queste qualità mancava quel lievito che la gente chiama fascino.
    
    Era piuttosto alta, snella, un viso pallido incorniciato da capelli neri di media lunghezza, appena mossi. Gli occhi erano bellissimi, con un disegno squisito di sopracciglia che sarebbero potute diventare impertinenti o sbarazzine se una risata vera avesse tentato le sue labbra.
    
    Di lei nessuno della scuola sapeva niente. È vero pure che non era del posto, veniva infatti da un paesino del ...
    ... nord, e 4 anni di permanenza nella sonnolenta cittadina di M non erano bastati a tirare fuori nulla da lei. Nemmeno le più intrepide ficcanaso del paese erano potute andare oltre banali congetture. Viveva totalmente immersa nella visibilità che in genere ha un’insegnante che lavora in un piccolo centro, ma appena oltre il cono di luce tracciato dal suo ruolo professionale, era come se ci fosse il nulla.
    
    Quando, finalmente, tutti ebbero le stanze assegnate, vi fu un accenno di tregua, accompagnato da un sentore di frescura portato dall’imbrunire.
    
    Durò poco la pace. Meno di un’ora dopo gli studenti andavano per i corridoi , chi per visitare e curiosare nelle stanze degli altri, chi per il solo piacere di fare confusione.
    
    Alla fine, come Dio volle, fu l’ora della cena; gli insegnanti cercavano di spalmare i più turbolenti nei tavoli dove i buoni fossero maggioranza qualificata.
    
    Le femmine per lo più si gingillavano con i cellulari . Finirono verso le 23. L’indomani c’era la visita al sito archeologico dove “quello di storia dell’arte”, quello mezzo sordo, avrebbe, con il suo charme, finito l’opera del sole cocente e della stanchezza.
    
    “Sveglia alle 6,45 dunque”, ripeteva il corpo insegnanti ai più ostinati che ancora cincischiavano tra la hall e il bar.
    
    Venne poi il momento della nanna; tutti gli studenti erano nelle camere; si sentiva di tanto in tanto qualche tonfo e qualche risatina soffocata, ma, in sostanza, la giornata sembrava conclusasi bene.
    
    Verso ...
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