1. Il castello senza specchi


    Data: 18/03/2020, Categorie: Sentimentali Autore: Edipo, Fonte: EroticiRacconti

    Ci sono giorni di settembre, se non addirittura di inizio ottobre, che il caldo torna asfissiante, afoso, e la temperatura supera i trenta gradi come se il calendario fosse tornato indietro di tre mesi e l'estate fosse ancora bambina. Dopo uno, massimo due giorni, il caldo viene spazzato via da un temporale che abbassa il termometro di dieci gradi in poche ore, e l'autunno a quel punto procede trionfale, senza più ostacoli. Qualcosa di simile capitò alla contessa di Semifonte, personaggio vissuto in uno dei tanti staterelli italiani dei secoli scorsi, quando eravamo solo un'espressione geografica. La contessa aveva superato i quarant'anni, età che ai nostri tempi rappresenta la maturità femminile nel suo pieno splendore, ma che in passato indicava senza pietà che si era alle soglie della vecchiaia. Già dopo i trenta per la donna cominciava la parabola discendente, resa più rapida dalle innumerevoli gravidanze, la maggior parte delle quali infruttuose sia per aborti naturali sia per bimbi nati morti o morti appena nati. Quando nei romanzi e nei racconti dei secoli passati leggiamo di un personaggio, soprattutto femminile, definito dall'autore "vecchio", dobbiamo pensare non a un settantenne od ottantenne, come faremmo oggi, ma il più delle volte a qualcuno che forse aveva appena superato la cinquantina. Ad esempio l'Agnese manzoniana che Don Rodrigo chiama vecchia, considerato che la figlia doveva avere non più di diciotto anni, ne aveva a sua volta una quarantina, massimo ...
    ... cinquanta. All'epoca della contessa dunque, una donna della sua età era vecchia; ma la contessa, si diceva, aveva fatto un patto con il diavolo perché era ancora una gran bella donna, e pochi non le avrebbero dato dieci anni meno di quelli che aveva. La bionda ed eterea fanciulla che era stata amante e favorita del defunto sovrano ora era un'imponente signora che nulla aveva perso del suo fascino e del suo spirito. Sul suo conto giravano le voci maligne che sempre circolano su chi è baciato dalla buona sorte: che fosse stata non solo favorita del re ma anche dama di letto della regina, che una volta, per scommessa, avesse finto di essere una prostituta in un noto bordello della capitale e avesse avuto quindici clienti in una notte, che il marito, lo spiantato conte di Semifonte che il re le aveva fatto sposare, fosse morto per i troppi strapazzi erotici, secondo una voce, avvelenato, secondo un'altra versione. Una voce ancora più pettegola voleva che la contessa raggiunti i trent'anni avesse deciso di cambiare vita e si fosse recata a fare penitenza presso un santo monaco che dopo averla conosciuta non fu più né santo né monaco ma morì suicida. Non c'era vizio, così suonava la tromba della comunità, che le fosse ignoto né pratica perversa che non le fosse familiare. Un giorno la contessa aveva appena congedato il vecchio (stavolta anche secondo i nostri criteri essendo ormai vicino agli ottant'anni) e pettegolissimo barone di Leucopetra che l'aveva esilarata raccontando la ...
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