1. La vergine di ferro


    Data: 26/07/2020, Categorie: Dominazione / BDSM Autore: Edipo

    L'orrore, l'orrore. I muri macchiati di rosso, di un rosso che non sarebbe mai scomparso. Il fetore di morte che impregnava quei sordidi sotterranei. La terribile vergine di ferro. La pelle vellutata della contessa, così delicata e trasparente. Il nano, la gigantessa, l'orrida. La follia, la crudeltà. La fine di ogni pietà, l'inizio di tutte le perversità. E la domanda inutile: perché? Mio padre era un pastore, mia madre una contadina, io l'unico figlio sopravvissuto ma qualcosa era comunque andato storto perché non riuscii mai a parlare. Non ero però sordo e dato che mio padre, caso davvero raro tra quelli del suo mestiere, sapeva leggere e scrivere, lo insegnò anche a me. Crescendo mi resi però conto che era più facile trovare lavoro fingendo di essere sordo e analfabeta oltre che muto e che la gente se pensa di esserti superiore perché parla e sente e sa fare quattro scarabocchi su un foglio, si fida facilmente e ti getta un pezzo di pane per andare avanti. Così, a vent'anni, entrai a servizio del conte Alboino con le umili mansioni di sguattero e uomo di fatica. Mi davano da mangiare e da bere e mi bastava. La notte mi addormentavo di botto, stanco morto, la mattina la gioventù e la forza mi levavano dal letto senza che qualcuno venisse a svegliarmi a calci. Il conte era un uomo piccolo, esile, insignificante, gli occhi febbrili di chi veglia nella preghiera. Perso nelle cose del cielo ignorava quel che accadeva vicino a lui, quello che faceva la moglie. Trent'anni ...
    ... prima non ero ancora nato e lui sposò la bellissima Saurimonda, una fanciulla di sedici anni, la pelle bianchissima, i folti e lunghi capelli corvini, lo sguardo superbo, le labbra carnose e sensuali, il parlare altero e insolente. Quando la vidi, trent'anni dopo, sembrava avere solo dieci o quindici anni in più: i capelli erano ancora nerissimi, la pelle sempre candida, la bocca sempre sensuale, i modi ancora più autoritari. Si mormorava che avesse fatto un patto con il demonio per restare giovane e bella. Si sussurrava che infliggesse castighi terribili a chi trasgrediva i suoi ordini o commetteva una mancanza. Si bisbigliava che nel suo letto gli amplessi femminili fossero più frequenti di quelli maschili. Dal suo matrimonio con il conte era nata un'unica figlia che, infelice con quella coppia di genitori così male assortiti, era stata presto fatta sposare a un lontano parente nobile ed era partita per sempre con somma sua gioia e con somma indifferenza del padre e soprattutto della madre. Il conte ormai non usciva quasi più, consunto dai digiuni e dalle preghiere; la contessa ogni tanto usciva dal castello, seguita da un lungo stuolo di dame e lacchè e scendeva nel borgo dove comprava enormi quantità di smalti, di profumi, di unguenti e dove ordinava che le spedissero preziose sete e velluti e pizzi direttamente da un lontano paese chiamato Italia. La contessa non guardava nessuno e a nessuno rivolgeva la parola, preferendo essere ammirata piuttosto che amata. Attorno a lei ...
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