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L'Ultima Thule.
Data: 12/12/2017, Categorie: Sentimentali Autore: Tibet, Fonte: EroticiRacconti
Etimologicamente parlando... Thule significa un luogo mitico posto appena al di la dei confini del mondo conosciuto. Nell'antichità lo posizionavano più o meno alle coordinate geografiche dell’Islanda. Voi ne sapete senz'altro più di me ma non contestate quanto dico, tenete presente che sono permanentemente superficiale e approssimativo. Io l’ho sempre considerata una porta virtuale fra il reale e l’immaginario, una soglia da oltrepassare per raggiungere la pace o almeno una particolare specie di pace... l’oblio. Ci metto un po’ a decidermi prima di cercare la mia Ultima Thule. Arbitrariamente la colloco in Finlandia sulle rive del lago Valkianen. Non c’è altra ragione se non il caso a farmela scegliere. Un volo Milano-Helsinki, un successivo breve tratto aereo fino a Oulo e poi qualche ora di macchina su una strada inizialmente asfaltata e poi sterrata. Mi ci accompagna l’incaricata dell’agenzia immobiliare. Ora non so voi che idea vi siete fatta del minimalismo finnico, ma chiamare chalet una baracca di legno con un lavandino all'aperto per lavarsi e il cesso in una baracchetta a dieci metri di distanza è davvero singolare, come è singolare voler impedire ogni comodità che potrebbe traviare la ricerca del semplice. Ma che importa? Forse è un viaggio di sola andata. Forse non è previsto il ritorno alla civiltà. Forse sarà un trampolino verso il buio. Ascolto distrattamente la ragazza mentre mi illustra i particolari, il frigo? E’ una semplice cassetta immersa nelle acque ...
... perennemente gelide del lago. La luce? C’è un generatore a benzina per l’emergenza altrimenti a che serve quando siamo nel giorno perenne dell’artico? Non serve no. La doccia? Una pompa a mano carica acqua in una botte sopraelevata... basta mettersi sotto e... Il problema dei vitto? Scatole. Cibo liofilizzato come gli astronauti e… il pesce. Quello che serve sono delle canne da pesca e una barca a remi. Legna da usare per cuocere ce n’è quanta ne vuoi. Ho detto tutto? No... cerco di ignorare la cosa che inceppa tutto il mio automatismo. Era tutto semplice... la partenza, un periodo non so quanto lungo di meditazione per riportare alla luce le mie angosce, riviverle e poi un bel giorno... l’addio al mondo o la rinascita. La ragazza al suo ritorno per riportarmi alla civiltà o mi avrebbe trovato rivitalizzato o non avrebbe trovato nessuno e non si sarebbe preoccupata dato che era mia intenzione lasciare un biglietto dove dicevo che ero tornato con i miei mezzi. Semplice... ma tu dovevi inserirti. Tu che mi leggi dentro. Tu che hai intuito il mio proposito, che hai captato meglio di me cosa ancora non sapevo sarebbe successo, tu che volevi essere la mia garanzia per la vita. Ecco la variante... la variante del caos. Tu che insisti per accompagnarmi, che dici che vuoi dividere questo periodo senza farmi capire che sai le mie intenzioni e che vuoi porci rimedio, tu che vuoi decidere per me. Dici che vuoi solo essermi vicino, che dividerai con me la solitudine e il dolore. Nego... ma ...