-
Philos, Eros
Data: 24/02/2021, Categorie: Gay / Bisex Autore: Nelko
Eros è l’amore erotico, l’attrazione fisica e sessuale. Philos è l’amore fraterno, il legame profondo. Fin da ragazzino mi sono posto il quesito di dove stesse la linea sottile che li separa, e a quale punto, in un modo o nell’altro, consapevolmente o meno, quella linea possa essere sorpassata. Lo conosco da quando eravamo bambini. Il primo ricordo che ho di noi insieme, o quanto meno di noi due in prossimità l’uno dell’altro, è di un polveroso campetto da calcio, un grest parrocchiale. Faceva un caldo infernale, e credo da quel momento, da quando i nostri occhi si incrociarono -lui da un lato del campo, io dall’altro- un po’ di quel caldo, un po’ di quell’inferno rimasero dentro di me per sempre. Ricordo molto bene che la mia squadra perse, perché ricordo il suo grido di giubilo, la sua piroetta di gioia. Ricordo di essermi cercato un cantuccio all’ombra, mogio sotto un albero, all’ora della merenda. Ricordo di aver lasciato a metà il pacchetto di crackers perché avevo la gola secca, e la mia frustrazione all’aver dimenticato l’acqua a casa. Ricordo le grida, la luce, il caldo. E ricordo una voce serena, una mano tesa. Reggeva una bottiglietta d’acqua, e dietro di essa spiccavano due occhi d’oro. “Tieni, Alessio. Hai sete.” Non gli chiesi come sapesse il mio nome, né come mai fosse tanto sicuro delle mie necessità in quel momento. Accettai l’acqua, ringraziai sottovoce e non dissi nulla quando l’altro si accomodò vicino a me, né diedi nota di essermi accorto che mi stesse ...
... fissando, a meno di venti centimetri di distanza dal mio volto. “Sei pieno di polvere.” Ok. di tutte le cose che potevo aspettarmi, un commento sul mio stato di pulizia in quel momento non figurava. Un po’ irritato, gli lanciai un’occhiata che sperai fosse fulminante. “Sai, ho appena finito di giocare a calcio.” Lui non batté ciglio. “Anch’io. Mi vedi pieno di polvere?” Non seppi come rispondere. Effettivamente non c’era ombra di terra su di lui, e mi rifugiai nella bottiglietta d’acqua (un giorno sarebbe diventato alcool, ma allora era ancora tutto più semplice). L’ acqua era calda, e per un momento pensai di farglielo notare, ma poi pensai che avrei fatto la figura del perdente oltre che dell’ingrato e mi astenni. All’improvviso, sentii un dito tracciarmi la mandibola, piano, un soffio di carezza. Per poco non mi strozzai con l’acqua. L’altro esaminò il suo dito impolverato con nonchalance. “Sono Angelo,” assertò “e tu devi levarti la polvere di dosso.” Quello fu il mio primo assaggio della tirannia di Angelo, o Bora, come lo chiamavano gli adulti per via della sua energia ed irruenza. Angelo della Bora era il suo “nome” ufficiale, per distinguerlo da Angelo del Velluto che era il sarto del paese, mio zio. Angelo del Velluto era, a suo dire, il miglior sarto d’Europa e, sempre a suo dire, io avevo ereditato il suo talento. Passavo i miei pomeriggi estivi nella sua bottega, ad apprendere il mestiere. Era un locale piccolo, reso angusto dalle pile di scatole contenenti bottoni, ...