Al terzo piano
Data: 03/08/2021,
Categorie:
Prime Esperienze
Autore: Urcaloca
Erano alcuni giorni che mio papà chiedeva di andare dalla padrona di casa che risiedeva nel medesimo caseggiato al terzo piano, mentre noi stavamo al piano cortile. Di solito al momento di uscire di casa borbottavo di essere in ritardo e scappavo via, ma quella sera non ero stato abbastanza rapido e così mi ero ritrovato con la busta contenete i soldi delle spese da pagare, acqua, riscaldamento e affitto.
-Ma non potresti dargliela domani quando la vedi?- Chiesi di malumore
-E che, per salire fino al terzo piano ti viene l’ernia?- fu la risposta
Inutile farla più grossa di quel che era, presi la busta e mi recai dalla padron a di casa. Una signora dal fare burbero, che non avevo mai considerato come femmina, sebbene di per se non si potesse definire brutta, anzi con il fisico affilato, i capelli sempre in ordine e delle tette da non buttar via si potesse classificare fra le tardone attizzanti.
Però i ragazzi come me, di poco più di diciotto anni, tirano ragionevolmente alle efebiche loro compagne, sapete quelle smorfiose che se la tirano, la danno poco e spesso male ma hanno la gioventù dalla loro, il valore aggiunto che copre e fa dimenticare quanto alle volte siano stronze e capricciose.
Dopo aver suonato più volte al campanello ecco la signora Gina aprire la porta, era in forma, con la consueta vestaglietta molto corta a fiori stampati e chiusa da vari bottoni sul davanti dimostrava meno dei suoi sessant’anni .
Quando mi vide si mise di lato invitandomi ...
... così a entrare
-Se gradisci ho appena fatto il caffè- propose
-Ma no signora ho solo portato questa busta da parte di mio padre- risposi per accelerare il commiato
-Peccato, dovrò prenderlo da sola come sempre- disse la donna, la cui voce aveva un non so che di supplica.
In fin dei conti sono un bravo ragazzo e così finii con l’accettare l’invito
-Va bene signora mi fermo per il caffè-
In cucina permaneva l’odore della cena appena consumata cui si sovrapponeva quello del caffè che si sentiva fuoriuscire dalla caffettiera sul gas.
Mentre la signora armeggiava con tazzine e zuccheriere il suo didietro all’altezza del mio naso ora che stavo sprofondato su una poltrona del salotto suscitò in me un indefinito languore.
Giocoforza scambiammo due chiacchiere e la sua voce appariva meno dura di quel che avevo nelle orecchie. Certo la disposizione d’animo era diversa da quando doveva scontrarsi con gli affittuari che ponevano problemi o con artigiani chiamati a svolgere dei lavori nella casa.
Alla fine l’occhio si posò sulle mutandine bianche che il vestito ritirandosi aveva messo in mostra.
Se ne dovette accorgere e con fare naturale si ricompose, tuttavia aveva compreso che lo spettacolo mi era piaciuto e anche io sapevo che lei sapeva.
Ma si era fatta l’ora di andare, gli amici aspettavano e così mi accompagnò alla porta, mi voltai per salutarla e ringraziarla del caffè.
Porsi la mano che restò nel vuoto, indeciso sul come accomiatarmi. Lei la ...