Marina coi tacchi
Data: 18/01/2018,
Categorie:
Prime Esperienze
Autore: JoeSex, Fonte: Annunci69
L'ultima volta che vidi Marina fu anche la prima. Seduto su un paletto in cemento, lo sguardo basso rivolto alle gambe, il tabacco in mano pronto per essere rollato in cartina. Fumo nei miei occhi, tutto intorno, e profumo di donna nell'aria. L'attesa non è mai eccitante se sai che la persona che stai aspettando non è eccitata. Per fortuna non era così. L'auto parcheggiò a poco più di cinquanta metri da me. La riconobbi subito, senza nemmeno sapere che fosse lei.
Non aprì lo sportello, mi feci avanti io con passo sicuro, digrignando i denti e rafforzando l'autostima col gusto della mia saliva. Appena il tempo di uscire ed io ero lì davanti a lei, pronto ad abbracciarla come se ci conoscessimo da una vita.
“Ciao Marina, come stai?” - le chiesi sornione
“Tutto bene grazie, e te?” - mi rispose
“Un po' affaticato dallo stress del lavoro, per il resto bene “ Allora che si fa?” - domandai
“Non lo so, non conosco questa zona, dimmi tu”
“Ok intanto andiamo, ci penso un attimo. C'è un bar tranquillo in centro”
Un ricordo o un dejavù, un'impressione buona, una sensazione a pelle positiva e rassicurante. Non diedi modo di approfondire l'abbraccio, così salii subito in auto e mi sedetti di peso. Lei girò la chiave, mise in moto, scarpa rossa pigià sulla frizione e poi accelerammo la fuga verso luoghi più tranquilli.
L'idea del caffè pomeridiano non era malvagia, non avevamo molto tempo, ma giusto quello necessario per conoscerci e ascoltare per la prima volta le ...
... nostre voci. In cinque minuti di tragitto una sfilza di domande, auto-risposte, altre domande, vita privata e lavoro, pensieri e aspettative. Come se tutta la nostra vita si fosse annichilita e concentrata in un fazzoletto impregnato di tempo. Il bar era carino, poca gente, due cameriere indaffarate e gentili. Due caffè, uno liscio, uno shakerato. Ed un tavolino fuori, all'aria aperta, un raggio di sole in una giornata umida e grigia. E la figura di Marina, proprio davanti a me.
Avrei avuto già voglia di alzarmi e cercare le sue labbra, in un gesto istintivo di ricerca del piacere e della bellezza. Ma la nostra riservatezza fu subito interrotta da un gruppo di operai in pausa caffè, vestiti di tutto punto con divise aziendali e scarpe anti-infortunistiche ai piedi. I loro occhi sulla sua schiena, sentivo il loro respiro diffondersi e abbracciarla. Intanto la nostra conversazione proseguiva sciolta, liquida, aromatizzata al caffè del primo pomeriggio. Seguivo i movimenti della sua bocca, cercando in interpretare le espressioni degli occhi e i gesti delle dita. Se solo avessi saputo di quelle dita, tutto quello che avrebbero potuto fare davanti a me, tutti i sapori che avrebbero potuto incamerare, mi sarei avvicinato e ci avrei passato la lingua tutto intorno.
Invece non immaginavo, non potevo sapere, e così non potevo far altro che osservarle. Le raccontai di quella volta che Sara mi invitò a casa sua, di Patty che mi invitò a casa sua. E in entrambi i casi non mi diedero ...