Gli ammutinati del bounty
Data: 19/01/2018,
Categorie:
Gay / Bisex
Autore: nh-paul
... lui.
Siamo sempre uno di fronte all’altro: “Adesso devi fare tu una cosa per me…”
Vedo che i suoi occhi non chiedono altro che di accontentare ogni mio desiderio.
“Voltati!” ordino e lui lo fa senza discutere “Sei ancora mio schiavo?” chiedo.
“Si…” gli sento dire da lontano, da tanto lontano, come se non fosse steso accanto a me.
“Ora ti farò male, ma non sentirai solo dolore” dico, mentre mi stendo sopra di lui, in modo che i nostri corpi combacino e il mio uccello eretto sia fra le sue natiche.
“Hai capito quello che voglio farti?”
Non ha capito, non sa, neppure io immagino esattamente quello che avverrà, ma so che devo farlo. È una specie di ‘ius primae noctis’ che intendo esercitare. Un mio diritto a possederlo che immagino debba avvenire con la penetrazione, la violazione del suo orifizio più segreto, più intimo.
“Intendo renderti effettivamente mio schiavo, possedendoti sessualmente.”
Non capisce neppure ora, perché non ha letto i libri che ho letto io, non ha il nonno e il padre medico che hanno una biblioteca sterminata in cui ho potuto muovermi a piacimento da quando avevo cinque anni.
“Voglio incularti, cioè metterti il mio pisello su per il culo e riempirti di sborra!” dico infine e lui capisce, perché si muove a disagio, ma poi resta fermo “Lo voglio fare, perché così facevano i padroni con gli schiavi nell’antichità.”
Lo dico, un po’ me l’invento, ma un po’ è anche vero.
Siamo entrambi sudati, gli metto l’uccello dove credo ...
... che ci sia il buco. Spingo e lo sento gemere, agitarsi sotto di me. Mi aggiusto un po’, con le dita gli cerco il buco e lo sento. È indurito, teso. Le natiche sembrano di pietra.
“Rilassati, non costringermi a frustarti un’altra volta” e avviene il miracolo, tutto diventa amabilmente morbido. Torno a toccargli il buco e lo sento più aperto, come una boccuccia che tenta un sorriso. Gli punto l’uccello un’altra volta e spingo.
Stavolta entra, lubrificato dal sudore, solo un paio di centimetri, prima che lui si contragga. Lo accarezzo, vado a cercargli l’uccello che è sempre duro. Comincio a menarglielo, mentre spingo dall’altra parte in attesa di violarlo completamente. Le mie attenzioni hanno finalmente effetto. Lui prende a muoversi ed io lo meno. Questo lo fa rilassare e le mie spinte mi fanno affondare sempre di più.
Ad un certo punto lo sento gridare. Ho paura di avergli fatto male, di averlo sfondato. Ho letto anche questo fra i casi clinici, ma non è così. Mi ritraggo e torno a spingere e lui grida ancora e ad ogni grido mi accorgo delle sue stesse spinte per ottenere più piacere dalla mia mano che glielo sta menando.
Siamo un unico corpo e sento tra le dita il suo sperma salire alla punta dell’uccello e poi uscire, eruttare contro il cuoio consumato della poltrona. Il suo ano mi trasmette degli impulsi, si allarga e si stringe ad ogni getto e così arriva anche per me il momento di depositare dentro di lui il mio seme.
Crolliamo sulla poltrona esausti, ...