Kasja e la mia voglia di collant
Data: 31/01/2018,
Categorie:
Feticismo
Autore: FrancoT, Fonte: EroticiRacconti
Ero stato a Podgorica per lavoro e mentre all'andata ci ero arrivato via traghetto da Dubrovnik, al ritorno mi era toccato percorrere tutti i Balcani. Un appuntamento di lavoro a Rijeka in Croazia mi aveva impedito infatti di fare il percorso all'inverso per il ritorno. Poco male, mi ero detto. E così mi ero messo alla guida nel primo pomeriggio di quel lunedì di settembre, pensando di arrivare a Spalato o in qualche località di villeggiatura della Croazia, farmi un bagno e poi andare a cena per ripartire al mattino successivo. Tutto ciò ovviamente andò in fumo causa partenza ritardata, traffico e lungaggini doganali con la Bosnia. Alla fine mi trovai quindi in un motel di un paese dal nome innominabile, non troppo lontano da Medjugorje in Bosnia. Quando arrivai, non notai immediatamente la ragazza dietro al bancone del bar. Feci il check in, mi diedero le chiavi della camera e salii a farmi una doccia. Vista l'ora tarda, chiesi di poter cenare nella struttura, visto che nella zona prospiciente la strada vi era proprio un bar ristorante. Quando scesi erano circa le 20.30 e non c'era nessun ospite. Pensai che, vista la qualità non troppo alta del motel, nessuno aveva avuto una pessima idea come la mia. Mi sedetti così ad un tavolo a caso al centro della sala e presi un menù. Scelsi quasi subito ed alzai lo sguardo per vedere se qualcuno, un cameriere o altro, sarebbe venuto a prendere l'ordinazione. Non c'era nessuno, solo una ragazza dietro al banco. La chiamai ed ella si ...
... voltò sorridendo. Era carina, ma non bellissima. Mi chiese, evidentemente in bosniaco, di cosa avessi bisogno. Io sorrisi, facendole capire che non comprendevo la lingua ed allora ella uscì dal bancone e venne al mio tavolo. Era altissima e decisamente magra. Indossava dei fuseax neri con delle scarpe da ginnastica, simili a delle Converse, una tshirt con le maniche arrotolate lunga ma non troppo e teneva i capelli, neri ma tinti, raccolti in una coda sopra la testa. Questa pettinatura la faceva sembrare ancora più alta di quanto già non fosse di suo. Fu questa cosa a colpirmi in particolare e non tanto i suoi centimetri o, cosa che avrei scoperto più tardi, le sue lunghissime gambe. Mescolando il mio buon inglese e la sua magra comprensione, riuscimmo ad ordinare la cena, che consumai in solitudine, non senza notare che ogni tanto ella gettava il suo sguardo verso il mio tavolo. Era carina, ripeto, ma non da fare impazzire. Quando gli sguardi però divennero insistenti, ordinai il caffè e una volta che lo ebbi consumato, mi sedetti al bancone del bar ed ordinai anche una grappa. “Rakia”, mi disse ella sorridendo. Io pensai che fosse il suo nome e allora le dissi “My name is Giovanni”. “Ahahahah”, scoppiò a ridere e così capii che quello era il nome della grappa e non il suo. Quello che accadde dopo a quella risata resta ancora un mistero per me. Ogni volta in cui ci ripenso, pare inverosimile. In quel periodo non mi mancavano decisamente le donne e potevo tranquillamente ...