Sull'autobus
Data: 15/02/2018,
Categorie:
Etero
Autore: Farfallapazza
Vi racconterò ora di un’esperienza vissuta all’inizio di quest’autunno, verso la metà di settembre. Molti di voi saranno portati a pensare che si tratti esclusivamente del frutto della mia fantasia, ma una persona fra le altre saprà per certo che è solo il racconto della pura realtà. E questo, non perché gli è stato raccontato, ma perché questa persona è la protagonista, come me, della vicenda che sto per raccontarvi. Questo racconto narra infatti della nascita di questa nostra particolare amicizia. Come ho già detto eravamo verso la metà di settembre. A Torino, dopo gli ultimi caldi estivi, una settimana di tempo uggioso aveva ingrigito la città, un’anteprima dell’autunno imminente. Anche quel giorno una pioggerellina fastidiosa non aveva cessato di scendere dal cielo plumbeo, rendendo lucidi i marciapiedi e umidi i capelli delle donne. Soprattutto di quelle, come me, che quel giorno erano uscite dall’ufficio senza ricordarsi di prendere l’ombrello. Alle sei di sera era ancora piuttosto chiaro, un raggio di sole pallido filtrava fra le nubi, facendo luccicare le pozzanghere in mezzo alla strada. La pietra dei marciapiedi era piuttosto scivolosa, così, mi incamminai lentamente verso la fermata del bus. La pioggerellina mi bagnava il viso, i miei lunghi capelli castani, facendomeli arricciare più del solito, ma non era una pioggia fastidiosa, solo goccioline impercettibili, che davano al quartiere un aspetto fatato. Inoltre, vestita con tailleur e tacchi alti, preferivo ...
... beccarmi la pioggia, piuttosto che rischiar di scivolare e rompermi qualche ossa, perciò, quando finalmente giunsi alla fermata ero bagnata a dalla testa ai piedi. Fortunatamente il 61 arrivò dopo pochi secondi, anche se, come al solito, era pieno zeppo di ragazzi, per lo più studenti universitari che in quei giorni avevano ricominciato a frequentare le lezioni. Salii dalla porta in fondo e, dato che i posti a sedere eran tutti occupati, dovetti rimanere in piedi, schiacciata contro la porta. Non era la prima volta che mi trovavo bloccata in piedi, anzi, era quasi la norma; meno male che la stazione non era troppo lontana! Finalmente il bus ripartì; io, per tenermi in equilibrio, mi aggrappai al maniglione a lato della porta. Non avevamo fatto che duecento metri quando ci fermammo alla fermata successiva. Il mezzo era già zeppo di gente, ma come era prevedibile, giunti in via Po', diversi studenti stavano aspettando di salire. Io mi spostai più che potevo in avanti così da permettere ad un paio di ragazzi di salire. Quando si richiusero le porte, però,. Eravamo davvero pressati l’uno contro l’altro. Con tutta quella gente era impossibile muoversi, non c’era nemmeno bisogno di tenersi aggrappati da qualche parte: così ammassati sarebbe stato impossibile anche cadere! Dietro di me, però, un ragazzo allungò il braccio sinistro, proprio di fianco alla mia testa, per attaccarsi al palo d’acciaio. Non potevo vederlo, ma eravamo l’uno contro l’altro, la mia schiena contro il suo petto. Da ...