1. Grazie, mio caro.


    Data: 16/08/2017, Categorie: Trans Autore: orchidea_nera, Fonte: Annunci69

    ... nome…”
    
    “Maria” – Risposi io.
    
    “Mario” – Disse lui – “Lei è un maschietto, vero?”
    
    “Sono una transgender, ossia un maschietto che si sente donna e il mio nome di battesimo non è Mario. Maria è un nome di fantasia.”
    
    “Capito… Quindi lei è un frocetto che veste panni femminili.”
    
    Rimasi un attimo interdetta, poi:
    
    “Ho capito… non è per me il lavoro che lei offre… Mi spiace averle fatto perdere tempo…”
    
    Mi alzai e feci per andar via ma lui mi fermò con un gesto della mano.
    
    “No, che ha capito? Si sieda. Se lo vuole il posto è suo e può iniziare subito.”
    
    “Come? Prima mi chiama frocetto e poi…?”
    
    “Si, chiedo venia per i miei modi non del tutto garbati ma l’ho detto per vedere come avrebbe reagito. Lei ha affermato se stessa con garbo e dignità. Non mi ha restituito l’insulto magari chiamandomi, che so io… vecchio storpio!”
    
    “Ma lei non è un vecchio storpio… è un uomo di bell’aspetto distinto e garbato…”
    
    Lui mi interruppe: “Poi come si può negare il posto ad una signorina a cui si illuminano gli occhi quando sente Tchaikovsky e, poco fa, ho visto una luce nei suoi bellissimi occhi. Brillavano”. Mi sorrise.
    
    Era diventato gentilissimo. La rabbia che avevo dentro per essere stata chiamata frocetto svanì come d’incanto.
    
    “Inizi subito, se non le dispiace. Nell’annuncio avevo detto di presentarsi dalle 10 a mezzogiorno. Ecco, se dovesse venire qualcuno lo riceva lei e dica che il posto è già occupato.”
    
    La mia prima settimana di lavoro andò tutto bene, ...
    ... senza particolari degni di nota da raccontare.
    
    Il mio lavoro non era faticoso. La casa era piccola: lo studio, la stanza da letto, la cucina, il bagno e un ripostiglio. L’ampio ingresso, un tempo sala d’aspetto, fungeva da divisorio per le stanze. Io pulivo, passando l’aspirapolvere una stanza al giorno. Poi aiutavo l’avvocato nel suo lavoro di ricerca prendendo i libri o i fascicoli che lui mi indicava e portandoli sulla sua scrivania.
    
    Lui non amava muoversi tanto. Dopo l’incidente, dove aveva perso la vita sua moglie e l’investitore, era rimasto con la gamba sinistra fortemente danneggiata. Aveva subito vari interventi ma era rimasto fortemente claudicante e vittima di improvvisi dolori lancinanti che lo costringevano all’immobilità. Il pomeriggio dalle 15,30 alle 17,30 lo portavo in macchina a fare un giro per la città. L’avvocato camminava pochissimo a piedi. Poi si andava in un bar, dove lo conoscevano pure i sassi, a prendere il tè coi biscotti. Lo riaccompagnavo a casa, sistemavo qualche cosina e alle 18 andavo via.
    
    Durante queste passeggiate in macchina lui mi faceva delle domande e io gli rispondevo raccontando un po’ della mia vita. Gli avevo detto di essere, al momento, single ma di essere stata dai 18 anni in poi con molti uomini. Su sua domanda gli avevo raccontato che avevo iniziato a percepirmi al femminile sin dai primi anni di vita. Tuttavia provavo un profondo senso di vergogna che mi impediva di farne cenno con alcuno.
    
    Pure a scuola non riuscivo ...
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