Due palmi sotto il sole
Data: 05/09/2017,
Categorie:
Sentimentali
Autore: CLAUDIO TOSCANI
... marito, lavorare in fabbrica nove ore il giorno, per mandare a scuola un figliolo come quello e badarlo, non ci sarebbe riuscita da sola.» «I tuoi nonni materni sapevano della sua attività politica?» «Come non potevano? Leggeva le riviste della sinistra extraparlamentare quando in estate veniva a trovare mia madre. Molte volte si sono raccomandati che lo lasciasse, ripetendole che un futuro non se lo sarebbe fatto con quello sfaticato barricadiero, ma lei gli rispondeva che lo amava troppo e che era affezionata molto a sua madre. Così, fra preoccupazioni e periodi tranquilli, giunsero a laurearsi. Nel frattempo i miei nonni, che avevano un negozietto di mercerie, assunsero la prima commessa, iniziarono a vendere abbigliamento e acquistarono la casa in cui abitiamo oggi. Nell’attesa di trovare un’occupazione, mia madre andava ad aiutarli e siccome la clientela aumentava, si ritrovò a dover galoppare da mattina a sera per fare fronte alle necessità. Mio padre, invece, rimase a carico di mia nonna. Capirai, lui dove andava a cercare le raccomandazioni giuste per trovarsi un lavoro? Aveva fatto sempre il rivoluzionario. E nemmeno era il tipo da concorsi. Sosteneva che a vincere erano i soliti raccomandati dalle consorterie dei partiti.» «Avrebbe dovuto partecipare comunque, quantomeno per acquistare punteggio. Alla fine l’avrebbe spuntata.» «Lui era fatto così. Sono anche convinta che la lontananza di mia madre abbia contribuito a privarlo della volontà d’impegnarsi. Un giorno ...
... mia nonna Martina le telefonò per avvertirla che Riccardo aveva iniziato a frequentare una donna più anziana e che andava sempre più spesso a dormire a casa sua. Puoi immaginarti l’amarezza di mia madre. I miei nonni tentarono di convincerla che avrebbe dovuto mandarlo al diavolo, quel lazzarone, ma alle due del mattino li destò per avvertirli che sarebbe andata a Milano, perché voleva avere un chiarimento a quattr’occhi. Mio nonno le disse che la migliore decisione sarebbe stata di lasciarlo. Poi quando si rese conto che lei non voleva sentire ragioni, minacciò di negargli le chiavi dell’alfetta ma mia madre gli rispose che avrebbe preso il treno, poi sarebbe andata via di casa. Quando giunse a Milano nonostante mia nonna avesse cercato di convincerla che meglio sarebbe stato se lo avesse atteso in casa, si fece dare l’indirizzo di quella donna e ci andò.» «Che animo! Ora mi sa che viene il bello.» «Quella donna era un’ex modella e all’epoca che mio padre la conobbe, faceva la stilista. Di soldi ne doveva guadagnare perché abitava nell’attico di un palazzo signorile. Al citofono, mia madre le disse d’essere Roberta, un’ex amica d’università di Riccardo, che aveva cose urgenti da comunicargli da parte di compagni. Fu lei ad aprirgli la porta. Era sui quarant’anni, alta e magra. Parlava con l’evve moscia che le conferiva un tono aristocratico. Indossava una svolazzante veste da camera, si muoveva con modi affettati e già aveva la sigaretta in bocca.» «Un anticapitalista come tuo ...