1. Due palmi sotto il sole


    Data: 05/09/2017, Categorie: Sentimentali Autore: CLAUDIO TOSCANI, Fonte: EroticiRacconti

    ... gli esiti degli esami?» «Non pensare agli esami. Ti vedo più colorita di ieri e domani starai ancora meglio.» Le rimise in ordine il letto e radunò le stoviglie. Poi le sedette accanto e si misero a conversare. «Ha squillato il tuo cellulare mentre dormivi, ma riposavi così bene prima che iniziassi ad agitarti, che non ti ho voluto svegliare.» «Di sicuro era il mio ragazzo», rispose Silvia. Prese il suo telefonino e compose il numero. «Mauro?» «Silvia, ti ho chiamato più di un’ora fa ma non rispondevi. Ti hanno portato a ripetere qualche esame?» «Macché, mi ero addormentata. Tu come stai?» «Ho ancora febbre: trentotto e sette.» «Accipicchia è ancora bella alta. Stasera vengo a trovarti.» «Sei matta? Rimani a letto.» «Ho il permesso del dottore. Mi ha concesso di stare con te dieci minuti ma dopo sai com’è, no?» «È la verità?» «Certo che è la verità. Cribbio, non vuoi che venga perché hai adocchiato qualche bella infermierina?» «In camera mia ne gironzola un paio. Una è bionda e l’altra rossa naturale. La rossa ha le lentiggini che le fanno un visino simpaticissimo.» «Le fanno un visino simpaticissimo», lo scimmiottò lei facendogli sentire uno sberleffo. «M’immagino come sarai affascinante col capo ammaccato e la febbre quasi a trentanove.» «Eppure mi fanno certi sorrisetti, e quanta cortesia! Con una scusa o l’altra sono sempre intorno al mio letto. Chissà che a entrambe non venga la sindrome dell’infermiera.» «La sindrome di cosa?» «Dell’infermiera. Non capita di rado che ...
    ... le infermiere s’innamorino dei loro pazienti. La chiamano “sindrome dell’infermiera”. Non lo sapevi?» «Tra poco te la do io la sindrome dell’infermiera.» Quando Silvia si avventurò sul corridoio del reparto donne, le giunsero, dalle porte semiaperte delle camere, immagini tribolate di volti sconosciuti. L’umanità, spogliata dalla presunzione, succhiava stille di vita da boccette e sacchetti che sgocciolavano, in vena, liquidi trasparenti, lattei o di un saturo rosso scuro. Vide il braccio rinsecchito di una vecchia, che aveva nelle narici i tubicini dell’ossigeno, fuoriuscire dalle lenzuola e penzolare verso il pavimento. Quelle immagini non le rammentarono il brutto sogno ormai sfumato, ma il ricordo della sola volta che aveva viaggiato in treno, di notte. Il treno aveva fatto sosta nella stazione di una grande città. Accanto ad esso se n’era affiancato un altro. Come le era sembrato strano vedere le carrozze, con i finestrini illuminati, le facce anonime dei passeggeri e osservare quel preciso istante della loro vita. A un tratto le era parso che il treno attiguo avesse iniziato a muoversi ma era il suo che partiva. Era rimasta accanto al finestrino a osservare la città sfilare via, sempre più rapida, immaginando fosse essa a fuggire e non la sua carrozza. Una città che si portava appresso le insegne multicolori dei negozi, i rettangoli luminosi, delle mille finestre, che sembravano incollati sulle facciate dei palazzi, dove le persone vivevano ognuno la propria storia. Vite ...
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