1. Incontro con il passato


    Data: 22/03/2018, Categorie: Etero Autore: Il Corso

    ... nei pantaloni. Vederti così incerta, così sottomessa, mi ha fatto venire voglia di scoparti un’ultima volta. Arrivo a casa tua in dieci minuti. “Sono qui sotto”. “Sali, sono in pigiama”. “I tuoi?”. “Sono via con mio fratello, sono sola”. Hai sottolineato quel sola, così citofono ed entro nell'androne. In ascensore mi sistemo il cazzo, tirandolo fuori dai boxer, lasciandolo libero sotto i pantaloni. Voglio che tu lo guardi, e voglio vederti mentre cerchi di resistere alla tentazione, e voglio sapere che ti bagnerai aspettando che ti sottometta. Arrivo davanti alla porta, non mi fai nemmeno suonare il campanello e la apri. Guardo avido la tua magliettina bianca, noto che non hai il reggiseno e i tuoi capezzoli perfetti sono già duri. Il tuo culetto è coperto solo da dei pantaloncini a culotte, le tue gambe sono nude. Mi diventa duro, e non lo nascondo. Sbadigli, fingendoti stanca e mezza addormentata, ma vedo come mi guardi il cazzo e come serri le cosce. “Ciao” dici timida. Sempre quel tono sottomesso e innocente, che vorrei già prenderti per i capelli e sbatterti contro il muro. Mi avvicino e ti prendo alla vita, tirandoti a me. “Ciao” ti rispondo baciandoti sulla guancia. “Scusami per il casino, pensavo di mettere a posto domani”. Ti sorrido, e mi rollo una sigaretta. “Dove vuoi stare?” ti chiedo. “Vieni che prendo le sigarette, andiamo sul balcone”. Ti seguo fino in camera tua, ti guardo il culo mentre ti pieghi più del necessario per prendere il pacchetto di Camel dal ...
    ... cassetto nel comodino. Stiamo pensando entrambi alle stesse cose, a quante volte ti ho scopata contro l’armadio, sulla scrivania, tenendoti ferma sul pavimento, girata contro il muro anche quando mi dicevi che non volevi scopare, mentre aprivi le gambe ed eri bagnata come una troia. Ti faccio strada fino al balcone, usciamo a fumare. È piccolo, dobbiamo stare vicini. “Raccontami come va, è un sacco che non ci vediamo”. “Sei tu che non volevi”. “Sì, perché sei stato uno stronzo”. “E allora perché mi hai salutato prima?”. “Perché non mi cagavi mentre eri con quelle zoccole”. “Zoccola sarai tu, sono mie amiche”. “Oh!” sbotti provando a darmi una sberla, ma ti prendo il polso e te lo giro dietro la schiena, premendoti il cazzo sul culo. Tu ti appoggi, offesa ed eccitata, senti il mio fiato sul collo. “Fai la brava”. “Lasciami, mi fai male”. Ti lascio il polso, volevo solo farti ricordare come ti prendo. Lo so che sei combattuta, e so che sei sottomessa: voglio farti eccitare a piccoli passi, con calma, fin quando non riuscirai più a resistere. “Comunque non sono zoccole, sono mie amiche”. “Sì, anche io ero tua amica”. “No, tu volevi il mio cazzo”. Fai la faccia stupita, aprendo la bocca quel tanto che basta per farmi ricordare quanto era bello sbattertelo fra quelle labbra piene. “Va be, dimmi come stai”. Provi a cambiare discorso, ancora stai cercando di non cedere. Inizio a raccontarti di me, e ti chiedo di te e del tuo lavoro, degli amici in comune. Era tanto che non parlavamo, e ...