Le zoccole etiliche
Data: 05/04/2018,
Categorie:
Etero
Autore: ssbbw69
... anzi no, otto, ma dai, non badiamo a spese, ben dieci uomini fisicati e superdotati che mi infilano lingue e dita e piselli ovunque.
Dalla bocca socchiusa mi sfugge un gemito di piacere che si trasforma in un urletto di raccapriccio: in mezzo a quel groviglio di uomini meravigliosi ho visto con chiarezza la faccia dell'ingener-sassofonista mannaro. Maledetto lui. Esci dalle mie fantasie perverse, brutto infame!
Torno a concentrarmi, quando Marco-il-brillo, che forse sta andando in debito di ossigeno, cerca si riemergere dalle mie gonne.
“Non ho ancora finito!” lo redarguisco incazzosa.
Lui torna fra le gonne e le cosce, io mi accorgo che dalla tasca firmatissima dei jeans firmatissimi gli sta scivolando fuori il portafoglio. Firmatissimo e gonfissimo.
Ok, mi dico, devo concentrarmi meglio.
In quel cesso siamo in due, ma nella mia testa siamo non so quante decine e ho esaurito tutte le combinazioni erotiche possibili e immaginabili.
Niente da fare. Non è cosa.
E ora come mi libero di questo tizio?
Magari se mi concentro lui di colpo evapora.
No, eh?
Vabbeh.
Prima fingo un orgasmo da Oscar per la miglior interpretazione di orgasmi, poi, quando Marco-il-brillo-ora-anche-anchilosato si alza e mette mano ai jeans per slacciarli e liberare l'attrezzo, lo stoppo con un: “Devo fare pipì”.
“E falla, no?”
“Non se tu sei qui. Mi blocco. Sono timida”.
Il tizio mi sembra un po' perplesso, ma si lascia guidare fuori dal bagno.
Mano sinistra: ...
... apro la porta.
Mano destra: lo spingo all'uscita.
Mano destra: raccolgo il portafoglio firmatissimo e gonfissimo che, a mio avviso, stava per cadergli a terra.
Mano sinistra: richiudo la porta.
Mano destra: mando un messaggio alla Bertè: all'uscita con motore acceso. SUBITO.
Non è la prima volta che esco da quel bagno in maniera alternativa, quindi apro la finestra e inizio a scavalcare, ma saranno il culo grosso, la fattanza o i tacchetti malefici dei malefici sabot, rimango impigliata col culone a mezz'aria e solo a suon di bestemmie riesco a precipitare a terra, fuori dal locale.
Imprecando e zoppicando raggiungo l'ingresso del locale: la Bertè, che Zeus la benedica, è già pronta, col motore acceso.
“Vai vai vai” urlo saltando in macchina.
“Nostra Signora della Santa Accelerazione non ci abbandonare ora!” ulula la Bertè sgommando e sollevando polvere e ghiaietto ovunque.
“Mi spieghi che cazzo hai combinato?”
“Non mi andava di scoparci” nicchio io.
“Tutta questa scena alla fratelli Blues per evitare una scopata?”
“Diciamo che mi son tenuta un ricordino del fanciullo”.
E gli mostro il portafoglio: “L'ho raccolto un secondo prima che gli cadesse a terra”.
“A casa mia si chiama borseggio”.
“A casa mia si chiama esproprio proletario. Quello è impaccato di denaro. Io e te no. Trionfi la giustizia proletaria”.
Mentre la Bertè guida come una pazza lungo la provinciale, apro il portafoglio e conto i soldi: “Minchia – sbotto con tono ...