1. Prison - storie di cella (prima parte)


    Data: 06/04/2018, Categorie: Gay / Bisex Autore: Mitchell, Fonte: Annunci69

    Quelle sbarre, dal rumore forte e metallico, che si chiusero dietro di me misero fine a un capitolo della mia vita e ne aprirono un altro. Uno di quei capitoli a cui nessuno verrebbe in mente di vivere in prima persona. Fino a quel momento avevo lasciato che fossero gli altri a essere partecipi delle punizioni inflitte dalla società. Ma c'ero caduto anch'io, metti per fato, per disgrazia, ingiustizia, per quello che vuoi. Molto spesso le cose accadono solo perchè devono accadere.
    
    Studiai con disinteressata attenzione i pochi metri quadri della cella, un luogo cupo, fatiscente, dall'odore indefinibile, sicuramente non era il massino per il senso dell'olfatto. Poche cose lo arredavano. Un tavolino, una sedia, un water, un lavandino e un letto a castello. Mi soffermai su quello. Nella parte di sopra c'era qualcuno che sembrava dormisse, ma non non dormiva. "Ehy, non si saluta?" fece una voce di quello che poteva essere un uomo o un ragazzo, non si era inteso bene. Ma con un salto venne giù e me lo trovai dinnanzi a me.
    
    "Ehy, sono stato fortunato!" disse. "Che intendi dire??" "Te lo spieghero' poi...comunque io sono Vladimir, piacere!". Mi allungò la mano stringendomela talmente forte che quando feci uscire il mio nome lo balbettai: "Io, io sono Ivan...". "Che hai fatto per essere qui?" chiese. "Ho ammazzato mio padre. Stava picchiando a sangue mamma. Se non l'avessi fermato l'avrebbe uccisa. Era un violento, era sempre sbronzo, si sfogava su di lei. Io non volevo ...
    ... ucciderlo, è successo involontariamente, ho preso una bottiglia piena e gliel'ho sbattuta sulla testa. Con il colpo si ruppe e un grosso pezzo di vetro trapassò la scatola cranica. Quando arrivò la polizia era già morto. Mia madre era in terra piena di lividi e piangeva. Mentre la
    
    stavo abbracciando mi trascinarono via. Lei e mio padre li caricarono su due ambulanze. Fine della storia".
    
    "Che storia triste...Ma anch'io mi sarei comportato come hai fatto tu!" "In appello mi scagioneranno! Non starò molto qui dentro!" "Speri nel processo d'appello? Hai un buon avvocato?" "Un avvocato d'ufficio, non abbiamo i soldi per pagare un avvocato vero". "Hai un avvocato d'ufficio e pensi di cavartela in appello?? Scusa se rido ma analizza bene il termine "ufficio". Quelli che stanno in ufficio non fanno mai un cazzo e questo vale pure per gli avvocati. Quanti anni ti han dato?" "Cinque"
    
    "Beh allora prega che in appello non te li aumentino!".
    
    Mentre parlava scrutavo intensamente il suo viso fisso su di me. I suoi occhi mi scandagliavano e quasi mi imbarazzavano..."Tu che hai fatto invece per finire qui?". Chiesi quasi per intorrempere quell'espressione accanita su di me. "Io? Rapina a mano armata in una banca. Con altri due miei amici. Ma la cosa non funzionò...risultato finale: io ho fatto fuori un poliziotto e i miei due complici sono stati fatti fuori a loro volta.
    
    Ah, il poliziotto l'ho colpito accidentalmente, non volevo uccidere nessuno! Non avevo mai ucciso nessuno!
    
    Le cose ...
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