I migliori an(n)i della nostra vita_1
Data: 15/05/2018,
Categorie:
Gay / Bisex
Autore: honeybear
... carne variamente sudata che, massaggiati dal getto dell’acqua calda si coprivano di schiuma morbida e profumata (che tanto desideravo contribuire a massaggiare), velocemente sciacquata dalla pioggia del soffione, mi dava alla testa. Per non parlare poi di quando, terminata l’abluzione, qualcuno, avvolto nello striminzito asciugamano mi sfiorava con la pelle o il pelo umido… Quel senso di eccitazione misto alla paura di essere sgamato, non facevano che accrescere uno strano senso di desiderio che percepivo irrimediabilmente represso.
Come se la vita di un diciottenne vergine non fosse già abbastanza complicata!
Del resto lo sport era l’unica attività che mi riempiva la vita.
Vivevo in un quartiere popolare di una grande città, allevato da una ragazza madre perché i miei genitori, per una qualche ragione a me ignota, decisero di separarsi quando ero ancora piccolo. E mio padre pensò bene di filarsela. Sul fronte scolastico poi, non potevo definirmi una cima: il pericolo bocciatura non incombeva, ma sopravvivevo al limite della sufficienza.
Sì, realizzai che la vita per me minacciava di farsi difficile!
E qualcuno se ne accorse. L’allenatore Bertelli per l’appunto che, una delle tante sere dopo l’allenamento, mi convocò nel suo ufficio.
Dimenticavo: il rugby riempiva le mie giornate, ma non ero certo la stella della squadra o un fuoriclasse. Questo mi rendeva quindi uno dei tanti pseudo-atleti che ciclicamente sfilavano davanti agli occhi del coach. Non avevo ...
... mai tenuto comportamenti particolarmente aggressivi o scorretti e perciò non ero mai stato convocato nel suo ufficio, ragion per cui non mi prestò mai particolare attenzione. Almeno fino a quel momento.
“Cosa sta succedendo?” esordì, appoggiato al bordo della scrivania. Come me, anche lui indossava ancora la divisa d’allenamento. Subito pensai che quell’incontro e quel tono amichevole facessero parte del personaggio che si era costruito. Lui voleva che tutti lo pensassimo uno di noi, sebbene fosse, a ragion veduta, più grande: una trentina d’anni o giù di lì. Certamente il suo aspetto giovanile, garantito da un viso acqua e sapone (si dice così anche per i maschi?) con la barba ben curata, un fisico asciutto, muscoloso e ben strutturato poteva far pensare al contrario. Ma considerarlo uno dei ragazzi e non il nostro allenatore, beh, per me era quasi inconcepibile.
“Cosa vuol dire?” replicai.
Mi guardò per qualche secondo e poi sospirò: ”Dai, Davide, non sono stupido e neppure cieco. Ti sta succedendo qualche cosa e vorrei sapere cosa. Cazzo. Questi sono i migliori anni della tua vita! Quindi qualunque cosa sia, quanto può essere grave?”
Io alzai le spalle e mi misi a studiare una piastrella consumata sul pavimento del suo ufficio.
“È una questione sentimentale? Già! Deve trattarsi proprio di quello, non c’è altra spiegazione!”
“No...” Mormorai.
“Mmmm... – mi parve poco convinto. Ma non desistette - Tutto bene a casa?”
“Sì” Risposi alzando le spalle, ...