1. La prof-i tre giorni che mi cambiarono la vita


    Data: 23/05/2018, Categorie: Etero Autore: pop45

    ... smettila! una donna a cui ho palpato la figa mi deve dare del tu, e quando non parliamo di lavoro questo deve essere il tenore del nostro linguaggio. Chiaro?
    
    Era diventato serio e impositivo puntando l’indice verso di me.
    
    - Lei non può..
    
    - cazzo, ti ho detto TU.
    
    Non lo avevo mai sentito parlare in quel modo, lui sempre misurato, elegante, controllato nei modi. Quel “cazzo” e l’indice puntato mi spiazzava. Ero quasi intimorita.
    
    - ... tu non...
    
    non mi ero accorta di avergli accordato il tono confidenziale. Non mi lasciò proseguire.
    
    - io posso, sì posso. Sei tu che non hai ancora capito.
    
    - capito cosa?
    
    Mi stava disorientando. Stava spostando il discorso rendendo inutili tutti i pensieri di chiarimento che avevo studiato e ripassato. Bella figura per una prof, ma sentivo una forza in lui che non riuscivo contrastare. O non volevo? mi sopraffaceva.
    
    - che lo desideri, ma sei bloccata. Che vorresti ma te lo sei precluso. Che ti sei chiusa in una gabbia, ma sogni la prateria. Non sei libera.
    
    - io desidero farmi toccare la... cosina da un estraneo?
    
    il gesto puerile e spontaneo col quale avevo accompagnato le parole era abbastanza eloquente.
    
    - la figa, non la cosina, prof impariamo ad usare i termini appropriati. E poi non è questione di figa. Continui a non capire. Io ti leggo come un libro aperto, credimi. Qualcuno ti deve insegnare a leggere... ma ora non rompermi i coglioni. Se vuoi che ti spieghi torna domani e ti mostrerò qualcosa per ...
    ... cominciare ad aprirti il cervello. Adesso raus.
    
    - ma...
    
    - raus. A domani e senza tante seghe mentali.
    
    Me ne andai senza fiatare come una bambina sculacciata. Mi sentivo tanto come uno dei mei alievi dopo un’interrogazione da 4. Non sapevo più cosa pensare. Il suo modo rude, quasi volgare, che non gli avevo mai sentito usare, era perentorio e mi impediva di controbattere. Avrei quasi voluto sedermi lì e supplicarlo di spiegarmi subito. Cosa aveva letto in me che io non avevo ancora scoperto? Mi rendevo conto che i suoi modi erano solo strumentali, finalizzati ad ottenere qualcosa di preciso, ma mi era oscuro a cosa mirasse. Non certo a scoparmi, altrimenti avrebbe potuto farlo lì all’istante, e forse, pur ribellandomi, avrei lasciato fare... meglio non pensarci.. Ma buttarmi letteralmente fuori dall’ufficio mi aveva lasciata disorientata. Uno stato di attesa che quasi mi eccitava. Cosa aveva da farmi vedere?
    
    Arrivata a casa mi buttai sul letto. Non c’era nessuno. Mi misi in libertà per lasciar respirare la mia pelle dalla quale sembrava trasudare la schiuma del mio rimescolio interiore. Ero con solo il due pezzi di pizzo bianco, il mio preferito. E cominciai a pensare, meglio, a fantasticare. Seguendo la scia dei pensieri, inconsapevolmente la mano si era portata verso il basso, oltre il pizzo delle mutandine raggiungendo la peluria che mi arredava l’inguine. La sentivo liscia e secca, piacevole. Ne ero orgogliosa, l’avrei baciata. Detestavo le ragazzine che si ...
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