1. Un paziente della dottoressa Angela - La prof di educazione fisica


    Data: 27/05/2018, Categorie: Etero Autore: Angela Kavinsky

    ... però, sentii un urlo e saltai in piedi come una molla dallo spavento. Ebbi a malapena il tempo di riaprire gli occhi che me la trovai davanti. La prof. Era in mutande e reggiseno. Non sapevo cosa dire. Rimasi immobile ad osservare quella meraviglia, mentre lei con altrettanta curiosità fissava me, goffo e scheletrico in mutande bianche. I suoi seni riempivano il reggiseno all’inverosimile, e la sua pelle abbronzata sembrava di seta purissima. Le sue mutandine bianche lasciavano intravedere una leggera peluria, mentre le sue gambe lunghe e muscolose sembravano volersi intrecciare per coprirsi a vicenda. Ai piedi due pesanti calze di spugna bianche, ora più gialle e marroni però. Lei notò che avevo ancora la mano nelle mutande, e indietreggiò. “che cosa ci fai qui Giorgio?” disse spaventata. Ma io non riuscii a risponderle… Avrei tanto voluto dirle che si trattava di un equivoco, ma riuscivo soltanto ad emettere suoni senza senso, e inutili balbettii. Tirai fuori la mano dalle mutande e feci un passo verso di lei, ma lei indietreggiò nuovamente. “Stai fermo!” mi disse. La mia vita era ufficialmente finita. La prof ne avrebbe parlato col preside e io probabilmente sarei finito in prigione, non so… “Aspetta… quello è il tuo zaino?” mi chiese. Io annuii con la testa. “quindi tu eri già qui prima?”. “prof… nello spogliatoio dei maschi c’è un casino e… non sapevo che lei…” La prof sorrise. E il suo sorriso mi levò dal petto un peso di una tonnellata. “Oh cavolo… Che imbarazzo… ...
    ... io… sai Giorgio, nello spogliatoio dei professori il bagno è rotto e cosi sai… non essendoci femmine non pensavo che… mi dispiace; adesso mi vesto e ti lascio solo…” Mi sorrise, poi abbassò lo sguardo sulle mie parti basse. Per qualche secondo fissò il mio cazzo duro che quasi squarciava le mutande, poi si girò e si diresse verso le docce. Il suo culo rotondo era la perfezione estetica assoluta. Tornò con una piccola borsa, la appoggiò su una panca e si sedette imbarazzata. Estrasse dalla borsa il cellulare, e lo appoggiò sulla panca, poi mosse la borsa per estrarre i vesti e il cellulare scivolò a terra. “Cavolo!” disse. Come un portiere di calcio, mi lanciai ai suoi piedi e raccolsi il cellulare, poi, in ginocchio, glielo porsi. Lei lo accettò senza dire niente. Li, accanto a lei, in ginocchio come un umile schiavo ai suoi piedi, mi sentivo ormai come un giocatore di poker che teneva le carte girate al contrario. Lei aveva capito tutto, ovviamente; non era stupida. E forse non era nemmeno la prima volta. Pensando ormai che la mia situazione fosse compromessa, avvicinai le mie labbra al suo ginocchio… “Perché fai così?” mi chiese aprendo le gambe, e quindi allontanando entrambe le ginocchia dal mio viso. “C-cosa? perché… prof… posso dirle una cosa?” “Sentiamo” “Io sono pazzo di lei!”. Ci fu un lungo momento di silenzio. Poi lei fece una risatina beffarda, sorridendomi. “E dimmi Giorgio, pensi di essere l’unico?” Feci di no con la testa. Immaginai che qualsiasi ragazzo ...
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