Uniformi nel bar della stazione di bologna
Data: 14/07/2018,
Categorie:
Gay / Bisex
Autore: chupar
... mentre scopava in bocca un ragazzo appena conosciuto nel bar di una stazione.
La cosa, evidentemente, gli piaceva.
Si calò i pantaloni della divisa e restò in mutande, facendomi ammirare le sue cosce enormi, ricoperte da una bella peluria nera. Durante il pompino, sentii le contrazioni ritmiche dei suoi muscoli con le mani, mentre gli accarezavo le chiappe dure e ruvide.
Il suo respiro si fece cortissimo quando, senza nemmeno che me ne rendessi conto, il soldato mi afferrò per i capelli, ficcandomi in gola il suo cazzone rovente: “I culattoni come te devono morire!” Cominciò a scoparmi in bocca con irruenza, fino quasi a farmi soffocare. Non riuscivo a prenderlo tutto, ma le palle mi sbattevano comunque sul mento. La saliva mi colava dalla bocca e scivolava su quel cazzone nodoso. Stava per venire e non seppi cosa fare, se tirarlo fuori o lasciarlo fare. Quel tipo, il suio modo di fare autoritario, la situazione...mi eccitavano.
Fissando il vuoto, accelerando il ritmo del movimento, il militare inarcò la schiena e si godette la sua sborrata liberatoria, facendomi sentire il sapore caldo e leggermente salino dello sperma.
Istintivamente aprii la bocca per tentare di lasciarlo cadere laterlmente, ma il militare stava veramente carico. Mi irrorò la gola per non so quante volte ed io continuai a ingoiare e a leccarlo.
Naturalmente il “servizio” non fu considerato perfetto finchè non gli ripuliti perfettamente tutto con la lingua, compreso lo scroto peloso sino ...
... a quando non gli diventò moscio.
Ancora con il sapore acre in bocca, chiesi: “Ci rivediamo?”
Pisciando a pochi centimetri da me: “Se mi porti qualche amica sfondata che la dà gratis, si può fare.”
- “E come fai a contattarmi? Magari ci prendiamo un’altra birra e ti scrivo il mio numero?”
Lo stronzo sghignazzò e, passandomi il pollice sulle labbra: “Hai già bevuto. Troverò il tuo numero sul muro del cesso quando ritornerò qui a bere. Sicuro!”
Presa la carta igienica per pulirmi, a quel punto non potei far altro che rinfacciargli di essermi venuto in bocca, pur avendomi assicurato di non farlo.
- “Dite tutti così, ma poi vi piace!” – mi rispose.
Non aveva tutti i torti.
- “Dai, ora cerca di ricambiare il favore...” esclamò ritirandosi su le mutande e sistemandosi il cazzone con la cappella ancora umida della mia saliva.
Non capii il senso della frase al momento.
Non mi ero ancora pulito che subito il cameriere entrò e si chiuse la porta alle spalle, mentre il militare ne usciva.
A cosce divaricate si tirò fuori il cazzo dalla zip, restandomi di fronte: "Veloce che tra un po' mi chiamano. Il collega mi copre per poco..."
Nel silenzio del cesso, il suo fallo duro era puntato contro di me. Più spesso alla base, sembrava di cuoio tanto era scuro e lucido, quasi tenuto e sorretto da mille vene che, rigonfie, lo percorrevano fino all’estremità. Capendo l’inutilità di portare avanti quel gioco, mi chiese: "Se vuoi me lo puoi menare." Non mi disse ...