Il paese dove i maschi non picchiano le donne e non disprezzano i trans
Data: 22/09/2017,
Categorie:
Trans
Autore: amoreandrogino, Fonte: Annunci69
... Le era sembrata come una sorella e si era meravigliata che non l’avesse giudicata male: «Figurati!» le aveva detto lei, «io abito insieme con un mio collega universitario omosessuale ed è uno dei pochi uomini con cui potrei condividere lo stesso appartamento, se non altro perché fa pipì seduto e non sporca il bordo del water come quasi tutti i maschi!»
In quello stano Paese, infatti, ai ragazzi viene insegnato, fin da piccoli, che le bambine non ce l’hanno perché glielo ha mangiato il gatto e che la loro virilità di maschietti si dimostra orinando in piedi, aggiungendo anche che la virilità consiste nel non farsi mai toccare il culo, nemmeno dal medico che, quando avranno cinquant’anni, gli dovrà controllare la prostata.
Dopo alcune confidenze, la studentessa venne a sapere che, una volta dimessa dall’ospedale, quella transgender non avrebbe saputo dove andare e le aveva proposto di ospitarla: «Nell’appartamento dove abito con il mio collega abbiamo una stanzetta libera; c’entra a malapena un letto e un tavolino ma, se vuoi, puoi venire a stare con noi finché non trovi un altro posto.»
E così quella ragazza indifesa aveva trovato una casa, non solo un alloggio, e aveva deciso di restare con loro contribuendo alle spese: era proprio una bella convivenza anche se non poteva essere definita una famiglia sebbene i tre ragazzi condividessero non solo la spesa dell’affitto e delle bollette, ma anche i problemi, le speranze e, molto spesso, le stesse emozioni. E ...
... condividevano anche i trucchi, gli ombretti e il mascara che si scambiavano senza chiedersi chi li avesse comprati. Sì, perché l’altro studente che abitava in quella casa aveva cominciato timidamente a truccarsi gli occhi quando usciva la sera per andare in discoteca, e poi aveva cominciato a mettere un po’ di fard, liberando così la sua inclinazione che aveva compresso per tanto tempo. Quando viveva al suo paese, aveva dovuto nascondere la sua omosessualità non solo in famiglia, ma anche con i suoi coetanei che, se avessero saputo, lo avrebbero evitato come un appestato. Figlio di un brillante avvocato “di sinistra”, aveva dovuto vivere la sua diversità di nascosto, sempre con la paura che i genitori scoprissero la sua perversione, e quindi aveva colto l’occasione di potersi iscrivere alla facoltà Medicina in una Università lontana dalla sua città di provincia per sentirsi libero di fare la sua vita: non era stato cacciato da casa, ma se n’era dovuto andare, che è quasi lo stesso, a parte i problemi economici.
In quel Paese omofobo dove, quando qualcuno si sposa si dice “auguri e figli maschi” e poi, se nasce una bella femminuccia si commenta che è stata una notte sprecata, avere un figlio omosessuale è il massimo della vergogna, un disonore, peggio di un figlio disabile!
È chiaro che tre persone così erano troppo anomale in un condominio di persone per bene che mettevano al primo posto la famiglia: la persona più stimata in quel palazzo era la vecchia ex-portiera che era stata ...