1. Indovinelli Popolari Osceni


    Data: 09/09/2018, Categorie: Comici Autore: Leliste, Fonte: EroticiRacconti

    ... vadano colti da mani esperte e trattati con rispetto, altrimenti le spine sono inevitabili. Giovanna era esperta e sapeva come evitare le punture. Con la maestria acquisita negli anni. Da lontano, un signorotto ben vestito apparve. Era il Pitrè. Rosalia ammutolì e cerco di tirare la veste di Donna Giovanna, come ad avvertirla. Donna Giovanna si girò, vide il Pitrè e molto cordialmente lo salutò. “Salve, signor Pitrè, Che si dice? Comu semu? (come sta?)” “Benissimo, Signora Giovanna, Ahi Ahi, Gesù! Spogliati ca ti vasu!” (ahi ahi, Gesù, spogliati che ti bacio) “Ah ah ah! Signor, Pitrè, Gentilissimo. D'altronde, noi siamo sempre per la buona qualità. Appena finisco con questa, gliela faccio assaggiare...!” Rosalia era sconvolta. Non poteva credere a quello che aveva appena sentito. “Donna Giovanna lei mi vuole forse ammazzare? Lei mi vuole vedere morta e mandata al criatore? Quello scambio di sconcezze a cosa era dovuto? Lui le chiede di spogliarsi e lei acconsente?” “Ma no, Rosalì, ancora con queste invenzioni della tua testa malata? Il signor Pitrè, poverino, c'ha visto cogliere Fichi e mi ha chiesto di fargliene assaggiare uno!” “Ma che dice, Giovanna? Parlava dunque del fico d'india?” “Eh certo! che pensavi? la fica d'America?” (Donna Giovanna aveva una fantasia spiccata per le assonanze.) “Oh ssignuri santissimu, che oscenità, donna Giovanna...” “Sei troppo delicata, Rosalì. Te l'ho spiegato mille volte: Il fico d'india è camurriùsu (tenace, coriaceo): per mangiarlo ...
    ... bisogna prima “spogliarlo” della scorza e dopodiché si può mangiare. Ora hai capito?” “Quindi... il Pitrè voleva “spogliare” i fichi d'india?” “Eh certo... lui un buongustaio è. Gli ho detto che uno dei più dolci sarà conservato per lui... così è contento.” Il Pitrè era stimatissimo in quella comunità. Tutti lo volevano bene e tutti lo rispettavano. Rosalia però ormai si era presa una malattia. Tutto quello che usciva dalla bocca di Giuseppe Pitrè, stimato storiografo, si tramutava per lei in oscenità. Una sera, che era notte già inoltrata, Rosalia si ritrovò ad andare a messa da sola. Si ritrovò nella chiesa in solitudine, accese un cero e recitò una preghiera. Nel momento di riporre la scatola di fiammiferi lo udì, vicinissimo, seduto nella panca dietro di lei. Era il Pitrè. Disse: “O scuru, 'o scuru, mu stricu 'nto muru” (nel buio fitto, me lo strofino al muro)” Rosalia era di nuovo avvampata. Non sapeva se mollare un ceffone sul volto del disgraziato oppure correre via. Tuttavia, era da settimane che sentiva uno strano senso di calore partire dal centro dell'inguine. Un disagio che non era disagio. Era lì perché sentiva che doveva esserci. Voleva che non ci fosse. Ma c'era. Un calore umido. Bagnato. Si era appena scordata la preghiera che doveva fare. Iniziò la messa. Cercò di distogliere i pensieri e iniziò a pregare. Teneva in mano il Rosario. Chiuse gli occhi e recitò la formula sacra. Sentì Pitrè che da dietro sussurrava: “Un vecchiu, a menzu li gammi, longa l'avia e la ...
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