1. Botswana 2013


    Data: 10/09/2018, Categorie: pulp, Autore: beast

    ... L’avevo già notata poco prima, mentre si spostava tra i tavoli dei turisti chiacchierando amabilmente con loro. Anche il viso era splendido, zigomi alti, occhi gialli con incredibili pagliuzze d’oro, un intenso sguardo da cerbiatta, con ciglia lunghissime, e due labbra, due labbra... Dio essere baciati da quelle labbra doveva essere incredibile. I capelli erano raccolti in minuscole treccine che sembravano incollate sul cranio, mettendone in risalto la perfetta forma rotonda, e terminavano con delle graziosissime perline rosse e azzurre. Dai lobi pendevano degli enormi orecchini d’oro a cerchio. Il collo, alto e sottile era impreziosito da una sottile collanina d’oro che reggeva un piccolo pendaglio la cui forma, ci misi un attimo a capire, riprendeva la silhouette dell’Africa. E il minuscolo rubino incastonato verso la punta inferiore doveva essere Gaborone, la pressoché sconosciuta capitale del Botswana. Fece spostare un inserviente in modo da potersi sedere di fianco a me sulla panca. Cominciammo a chiacchierare come se non ci fosse nessun altro seduto intorno a noi, come se non ci fosse nessun altro nella grande sala. Si chiamava Leila, aveva 32 anni e si era laureata in antropologia in Inghilterra. Accompagnava i turisti a visitare i villaggi Tswani e parlava un ottimo inglese, come buona parte degli abitanti del Paese, che si era guadagnato l’indipendenza dall’Inghilterra solo a metà degli anni sessanta. Mi parlava guardandomi dritto in faccia senza nessuna paura di ...
    ... poter sembrare sfacciata. La sua bocca si apriva spesso in gorgoglianti risate che mettevano in risalto i suoi bellissimi e candidi denti. Ad un certo punto di uno dei tanti discorsi mi appoggiò, in modo apparentemente innocente, la mano su una coscia, ma era chiaro che stava marcando il territorio. Era bollente e mi diede una scossa elettrica, facendomi rizzare i peli delle braccia, non la toglieva e mi guardava dritto negli occhi, come se stesse valutando se valesse la pena o no di avermi. Mi faceva sentire un poco a disagio, sarò stato suggestionato dal fatto di essere in un parco africano, ma avevo la netta sensazione di assomigliare ad una zebra che viene scelta dalla leonessa prima dell’assalto mortale. E il seguito della serata dimostrò che non ero andato tanto lontano dalla realtà, dopo un po’ infatti ci alzammo e lei insistette per accompagnarmi verso il bungalow. Una volta arrivati mi spinse letteralmente contro la porta di legno e mi baciò sulla bocca senza troppi preamboli. Dio che bacio, sembrava volesse mangiarmi. La sua lingua si era prepotentemente fatta strada tra le mie labbra cercando la mia, e ora esplorava la mia bocca danzando tra i denti, intrecciando con la mia lingua audaci danze tribali della fertilità. Mise una mano dentro la mia schiena per raggiungere la maniglia, aprì la porta e mi spinse dentro, senza mai staccare la sua bocca dalla mia. Mi fece indietreggiare e poi cadere all’indietro sul letto e mi montò sopra a cavalcioni. Prese le mie mani e se ...