Il Corpo, il Verbo e la Mente |3/8| Caso 3
Data: 05/11/2018,
Categorie:
pulp,
Autore: Miss Ehrenfeld
... infatti, doveva necessariamente essere ricco di dettagli, proprio perché i dettagli del mondo le erano in qualche modo sfuggenti. Questa sua condizione le aveva cambiato l'intera esistenza. Puntuale come sempre. Aprii la porta. “Salve Dottoressa.” “Buongiorno, Hilary, accomodati.” “Grazie. E' molto inusuale la sua gonna marrone. E' nuova?” “Non credo. Dovrei averla già da un po'.” Non ricordavo esattamente quando l'avessi acquistata. Giustamente, il mio vestiario trasandato era saltato subito all'occhio. “Noto un leggero contrasto rispetto ai suoi altri vestiti. Ha avuto per caso dei giorni particolarmente intensi?” “Sei sempre stata molto attenta.” Ammisi io. Si accomodò sul lettino. “Cosa è quello?” chiese, indicando il cappello bicorno di Napoleone poggiato sull'attaccapanni. “Questo? Oh, un omaggio di un altro paziente.” “Sembra un cappello molto antico. Napoleonico.” Precisa e puntuale, come sempre. “Speriamo venga a riprenderselo, un giorno.” dissi io. “Ho già visto un cappello del genere, per strada.” rispose Hilary. “Ah si?” Domandai. Probabilmente avrà incontrato Eric, il paziente con delirio megalomanico, in una delle sue passeggiate in giro per la città. “Si. Chi lo porta sembra essere una persona ambigua. Nonostante appaia davvero molto sicura di sé credo nasconda una labilità emotiva. Lo capisco dal modo in cui esprime i suoi gesti e dalla velocità del passo.” Annotai: Labilità emotiva di Eric. Un ottimo suggerimento da parte di Hilary. Certe volte pensavo ...
... sarebbe stata una ottima psicoterapeuta. Provavo quasi invidia per la sua capacità. “Lo incontri spesso, questo tizio col cappello? Ci hai mai parlato?” “Io non parlo con gli sconosciuti, dottoressa. Non con la mia condizione.” “Certo, certo. E' chiaro.” risposi io. “Non si scusi. E' normale fare conversazione con le altre persone. Il mio disturbo in realtà non mi impedisce di parlare. Se volessi, potrei conoscere altra gente. Non lo faccio semplicemente per scelta.” “Lo so, Hilary. Tu preferisci non conoscere altre persone per evitare che esse si sentano ignorate.” “Esatto.” Adoravo questa ragazza. Stavo imparando molte cose con lei. Attraverso la sua malattia, avevo potuto comprendere quanto fosse doloroso per una persona il non essere riconosciuti. Lei tutto questo lo aveva capito già da tempo. preferiva limitare le sue interazioni sociali per paura di far soffrire le altre persone. Se una persona l'avesse fermata per strada dicendole “Ehi Hilary, sono Io! Mi riconosci?” lei si sarebbe ritrovata a dover ammettere di non sapere chi fosse. Costretta a confessare il suo disturbo. Sebbene Hilary non fosse in grado di percepire le espressioni di felicità o tristezza nel volto degli altri individui, lei sapeva comunque interpretare le conseguenze di tali sentimenti. Tutto ciò sembra assurdo, eppure è un dato di fatto. Soffre di più colui che non viene riconosciuto rispetto a colui che non riconosce. Hilary viveva in un mondo dove tutti gli altri individui erano anonimi, per lei. “Di ...